
I poveri e gli emarginati sono stati il perno dell’udienza del Papa nel Giubileo dei Governanti e degli Amministratori. I politici hanno il compito “di promuovere e tutelare, al di là di qualsiasi interesse particolare, il bene della comunità,
specialmente in difesa dei più deboli ed emarginati”. Presenti la premier Giorgia Meloni, a cui è andato il saluto iniziale, e il presidente della Camera dei Deputati Lorenzo Fontana, oltre a rappresentanti di 68 Paesi. “Signora presidente del Consiglio e signor presidente della Camera dei deputati della Repubblica italiana, signora presidente e signor segretario generale dell’Unione interparlamentare, rappresentanti delle istituzioni accademiche e leader religiosi, con piacere vi accolgo in occasione dell’incontro dell’Unione interparlamentare internazionale, nel giubileo dei governanti e amministratori”, ha esordito. “Saluto i membri delle delegazioni di ben sessantotto Paesi. Tra loro, un ricordo particolare va ai presidenti delle rispettive istituzioni parlamentari”, ha aggiunto il Papa.
A proposito di distribuzione equa del benessere, il pontefice ha chiarito che “si tratta di adoperarsi affinché sia superata l’inaccettabile sproporzione tra una ricchezza posseduta da pochi e una povertà estesa oltremisura”, ha affermato il Pontefice nel suo discorso in inglese: “Quanti vivono in condizioni estreme gridano per far udire la loro voce e spesso non trovano orecchie disposte ad ascoltarli” .”Tale squilibrio genera situazioni di permanente ingiustizia, che facilmente sfociano nella violenza e, presto o tardi, nel dramma della guerra”, ha sottolineato papa Prevost. “Una buona azione politica, invece, favorendo l’equa distribuzione delle risorse, può offrire un efficace servizio all’armonia e alla pace sia a livello sociale, sia in ambito internazionale”, ha aggiunto.
Papa Leone XIV ha parlato anche di libertà religiosa e di dialogo interreligioso. “Anche in questo campo, oggi sempre più di attualità – ha detto nel suo discorso in inglese – l’azione politica può fare tanto, promuovendo le condizioni affinché vi sia effettiva libertà religiosa e possa svilupparsi un rispettoso e costruttivo incontro tra le diverse comunità
religiose. Credere in Dio, con i valori positivi che ne derivano, è nella vita dei singoli e delle comunità una fonte immensa di bene e di verità”.
Secondo il Pontefice, “per avere allora un punto di riferimento unitario nell’azione politica, piuttosto che escludere a priori, nei processi decisionali, la considerazione del trascendente, gioverà cercare, in esso, ciò che accomuna tutti”. A tale scopo, “un riferimento imprescindibile è quello alla legge naturale, non scritta da mani d’uomo, ma riconosciuta
come valida universalmente e in ogni tempo, che trova nella stessa natura la sua forma più plausibile e convincente”, ha affermato.
Il pontefice ha poi indicato la strada per affrontare con meno rischi possibile l’avvento dell’intelligenza artificiale: “Il grado di civiltà raggiunto nel nostro mondo, e gli obiettivi a cui siete chiamati a dare riscontro, trovano oggi una grande sfida nell’intelligenza artificiale”, ha detto. “Si tratta di uno sviluppo che certamente sarà di valido aiuto alla società, nella misura in cui, però, il suo utilizzo non porti a intaccare l’identità e la dignità della persona umana e le sue libertà fondamentali”, ha osservato. In particolare, “non bisogna dimenticare che l’intelligenza artificiale ha la sua funzione nell’essere uno strumento per il bene dell’essere umano, non per sminuirlo o addirittura per definirne la sconfitta”. “Quella che si delinea, dunque, è una sfida notevole, che richiede molta attenzione e uno sguardo lungimirante verso il futuro, per progettare, pur nel contesto di scenari nuovi, stili di vita sani, giusti e sicuri, soprattutto a beneficio delle giovani generazioni”, ha spiegato. Secondo papa Leone, “la vita personale vale molto più di un algoritmo e le relazioni sociali necessitano di spazi umani ben superiori agli schemi limitati che qualsiasi macchina senz’anima possa preconfezionare”.
“Non dimentichiamo – ha proseguito – che, pur essendo in grado di immagazzinare milioni di dati e di offrire in pochi
secondi risposte a tanti quesiti, l’intelligenza artificiale rimane dotata di una ‘memoria’ statica, per nulla paragonabile a
quella dell’uomo e della donna, che è invece creativa, dinamica, generativa, capace di unire passato, presente e futuro in una viva e feconda ricerca di senso, con tutte le implicazioni etiche ed esistenziali che ne derivano”. Per il Papa, “la politica non può ignorare una provocazione di questa portata. Al contrario ne è chiamata in causa, per rispondere a tanti cittadini che giustamente guardano, al tempo stesso, con fiducia e preoccupazione alle sfide della nuova cultura digitale”.
E’ poi dalla legge naturale che bisogna partire per raggiungere il bene comune, spiega Prevost: “La legge naturale,
universalmente valida al di là e al di sopra di altre convinzioni di carattere più opinabile, costituisce la bussola con cui orientarsi nel legiferare e nell’agire, in particolare su delicate questioni etiche che oggi si pongono in maniera molto più cogente che in passato, toccando la sfera dell’intimità personale”.
“La Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata e proclamata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre del 1948,
appartiene ormai al patrimonio culturale dell’umanità – ha aggiunto il Pontefice -. Quel testo, sempre attuale, può
contribuire non poco a mettere la persona umana, nella sua inviolabile integralità, a fondamento della ricerca della
verità, per restituire dignità a chi non si sente rispettato nel proprio intimo e nelle esigenze della propria coscienza”.
Papa Leone XIV, a conclusione del suo discorso ai politici, cita anche Tommaso Moro “San Giovanni Paolo II, in occasione del Giubileo del 2000, ha additato ai politici, come testimone a cui guardare e intercessore sotto la cui
protezione porre il loro impegno, San Tommaso Moro”, ha detto ancora nell’Aula della Benedizione. In effetti, ha
sottolineato, “Sir Thomas More fu uomo fedele alle sue responsabilità civili, perfetto servitore dello Stato proprio in
forza della sua fede, che lo portò a interpretare la politica non come professione, ma come missione per la crescita della verità e del bene”.
Egli “pose la propria attività pubblica al servizio della persona, specialmente se debole o povera; gestì le controversie
sociali con squisito senso d’equità; tutelò la famiglia e la difese con strenuo impegno; promosse l’educazione integrale
della gioventù” (Lett. Ap. M.P. E Sancti Thomae Mori, 31 ottobre 2000, 4).
“Il coraggio con cui non esitò a sacrificare la sua stessa vita pur di non tradire la verità, lo rende ancora oggi, per noi, un martire della libertà e del primato della coscienza. Possa il suo esempio essere anche per ciascuno di voi fonte di
ispirazione e di progettualità”. ha concluso Prevost.
Stefania Losito