In una intervista il campione del Milan si racconta: “Non credo in Dio, solo in me stesso. A scuola ero diverso”
Zlatan Ibrahimovic si racconta in una intervista al Corriere della Sera in cui ripercorre alcuni momenti importanti della sua vita. In particolare gli eventi che hanno avuto un impatto sulla sua vita.
Ibra racconta la difficoltà incontrata a scuola dove, dice: “Ero l’unico scuro in mezzo a tutti biondi”. Alla domanda se si sente svedese, ha risposto: “Sono svedese, ma sono anche un mix.: mia madre è croata, mio padre bosniaco e musulmano. Ho vissuto la maggior parte della mia carriera in Italia. Non credo in Dio, credo solo in me stesso”.
Non è superstizioso dice: “Decido io come deve andare”. L’intervista, rilasciata in occasione del lancio della sua autobiografia “adrenalina” è l’occasione per ripercorrere i ricordi. Il suo primo ricordo è: “La Jugoslavia. Mi portavano da piccolo, in macchina, in treno. C’era ancora il comunismo. Un altro mondo”.
Zlatan bambino ha sofferto: “Appena nato, l’infermiera mi ha fatto cadere da un metro d’altezza. Io ho sofferto per tutta la vita. A scuola ero diverso: gli altri erano biondi con gli occhi chiari e il naso sottile, io scuro, bruno, con il naso grande. Parlavo in modo diverso da loro, mi muovevo in modo diverso da loro. I genitori dei miei compagni fecero una petizione per cacciarmi dalla squadra. Sono sempre stato odiato. E all’inizio reagivo male”.
Zlatan era timidissimo anche con le ragazze: “Al primo appuntamento mi ero scritto tutte le cose da dire; se la ragazza parlava d’altro, io le facevo lo stesso la domanda che mi ero segnato. Una figura penosa. Ho fatto tutto molto più tardi dei miei coetanei”.
Sa venti anni è accanto alla stessa persona, la moglie Helena. Quale è il segreto della longevità dell’unione? “La pazienza. E l’equilibrio che lei mi ha dato. Helena ha dieci anni più di me, è sempre stata più matura. Poi sono arrivati Maximilian e Vincent” Tra i suoi ricordi, ci sono quelli, molto vivi della guerra in Jugoslavia: “Mio padre ne soffriva tantissimo. Ogni giorno arrivava la notizia della morte di una persona che conosceva. Lui aiutava i rifugiati. Però cercava di tenermi al riparo. Ha sempre tentato di proteggermi. Quando morì sua sorella, in Svezia, non mi lasciò andare all’obitorio. Però, quando è morto mio fratello Sapko, di leucemia, io c’ero. E mio fratello mi ha aspettato, ha smesso di respirare davanti a me. L’abbiamo sepolto con il rito musulmano. Papà non ha messo una lacrima. Il giorno dopo è andato al cimitero e ha pianto dal mattino alla sera. Da solo”
Nel libro racconta anche di quando fu sorpreso a rubare al centro commerciale: “i miei compagni avevano i vestiti firmati; io la tuta della squadra. Non avevo calzini, solo i calzettoni da gioco, e mi prendevano in giro. Mi dovevo arrangiare. Quella volta mi beccarono. Ero con un amico nero. Telefonarono a suo padre. Il mio per fortuna non lo trovarono. Gli scrissero una lettera. Ogni giorno mi alzavo all’alba per controllare la cassetta della posta. La trovai prima di lui e la stracciai; altrimenti non sarei qui a raccontarlo. Sulla disciplina mio padre era severissimo”.
Angela Tangorra
@credits: immagine dal profilo instagram di Zlatan Ibrahimovic