Francesco Cavallari, ex presidente delle Case di Cura Riunite di Foggia, considerato il “re Mida” della sanità privata barese, non è un mafioso. Lo ha stabilito ieri la Corte d’Appello di Lecce accogliendo la richiesta di revisione del processo avanzata da Daniela e Alceste Cavallari, figli di “Ciccio”, morto lo scorso anno a Santo Domingo, all’età di 83 anni. Revocata la sentenza di patteggiamento a 22 mesi di reclusione nei suoi confronti, limitatamente al reato di associazione mafiosa. Confermata invece per gli episodi di corruzione e falso in bilancio. I giudici hanno rideterminato la pena fissandola a un anno e quattro mesi di reclusione. La sentenza risale al ‘95 diventata definitiva nel ‘96. Cavallari è l’unico degli imputati, coinvolti nell’operazione “Speranza” sul mai provato intreccio tra mafia, affari e politica nella gestione delle Cliniche Riunite ad aver ricevuto una condanna per associazione mafiosa. Nel corso gli anni, tutti gli altri imputati accusati di associazione mafiosa sono stati assolti. Ultimi, nel maggio 2021, l’ex manager barese delle Case di cura riunite, Paolo Biallo (deceduto nel dicembre 2019) e il boss mafioso barese Savino Parisi. Da qui la richiesta di revoca dell’applicazione della pena per Cavallari per mafia avanzata dai figli attraverso gli avvocati Gaetano Sassanelli e Mario Malcangi. La revisione del processo potrebbe aprire la strada alla restituzione dell’ingente patrimonio confiscato (pari a 350 miliardi lire) o una domanda di risarcimento per i danni subiti.
Anna Piscopo