Ma pone condizioni
In occasione dell’anniversario della Rivoluzione islamica del 1979 la guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, ha deciso di “graziare” decine di migliaia di detenuti. Tra questi ci sono anche alcuni manifestanti imprigionati durante le proteste scatenate dalla morte di Mahsa Amini, la 22enne di origini curde, morta lo scorso settembre dopo essere stata arrestata perché non indossava correttamente l’hijab, il velo islamico. Per quell’episodio si sarebbero mobilitate 20mila persone.
Tuttavia, la grazia concessa dall’Ayatollah è sottoposta a condizioni: non verrà concessa, per esempio, a nessuno delle persone con doppia nazionalità nelle carceri iraniane. Secondo l’agenzia Irna, non saranno graziati neppure coloro che sono accusati di “corruzione sulla terra”, capo d’accusa che è costato la condanna a morte a decine di manifestanti, alcuni dei quali sono anche finiti sulla forca.
Esclusi dalla grazia anche coloro i quali sono accusati di spionaggio per conto di agenzie straniere o che hanno avuto contatti diretti con agenti stranieri o si sono resi responsabili di omicidio e lesioni intenzionali, distruzione e incendio doloso di proprietà dello Stato.
Anna Piscopo