La malattia ha segnato profondamente il rapper che oggi dichiara: “Qualsiasi uomo, anche il più ateo, quando vede la fine da vicino si appella a qualcosa di superiore”
J-Ax non era ateo e nemmeno un grande praticante credente finché il Covid non gli pga cambiato la vita. “Ero un cristiano come lo sono molti in Italia, non praticante” racconta in una intervista al Corriere della Sera – “Ma ho avuto un’educazione cattolica piuttosto rigida, ho fatto tutti i sacramenti, mi sono sposato in chiesa. Quindi no, non ho quel rifiuto a priori che tanti si aspetterebbero da me”.
Nel 2021 ha preso il Covid, l’isolamento e la paura della malattia e della morte lo hanno profondamente segnato e qualcosa è cambiato in lui: “Il mio è un discorso semplice: qualsiasi uomo, anche il più ateo, quando vede la morte da vicino si appella a qualcosa di superiore: può essere Dio o ogni altra entità a cui ti aggrappi”.
Racconta: “Quando ho avuto il Covid, lo scorso aprile, ero terrorizzato. Avevo mal di ossa, ma era un mal di ossa mai provato prima, mal di stomaco, ma un mal di stomaco mai provato prima, lo stesso con il mal di testa. Era qualcosa di esageratamente più forte rispetto a come siamo abituati: la sensazione è che il tuo sistema immunitario stia fronteggiando qualcosa a cui non era abituato. Lo avverti proprio”.
E’ stato in quei momenti che si è ritrovato a pregare: “Sì, è come un imprinting: ti scopri a recitare quelle preghiere che ti avevano insegnato da bambino. Per dieci giorni sono stato veramente male, non dormivo la notte e la preghiera era che tutto non arrivasse ai polmoni. Mia moglie non riusciva più a mangiare: non lo ha fatto per quattro giorni. Lei non riusciva ad alzarsi dal letto e io giocavo con mio figlio, che ha quattro anni. Il mio pensiero era: e se io peggioro, lui con chi va? Chi lo tiene? Come si fa?”
Per fortuna non è successo ma J-Ax dice: “Ho tenuto duro pensando a questo, una situazione veramente assurda. Mi sforzavo di mangiare tenendo chiusa la bocca con le mani, per cacciare i conati di vomito: sentivo che dovevo farlo, per avere la benzina per stare con lui. Per fortuna abbiamo una casa abbastanza grande, con un giardino. Ci siamo inventati un po’ di giochi, abbiamo fatto mille disegni. E ringraziando l’entità superiore che non vogliamo per forza chiamare Dio, ne siamo usciti”.
Quando l’incubo è finito, ed è arrivata la guarigione J-Ax si è sentito cambiato: “Avercela fatta ad affrontare una situazione così, psicologicamente, dà un po’ di autostima. Oltre alla botta di fortuna per esserne usciti hai la sensazione di essere riuscito a gestire qualcosa di grosso. Sono sicuro che il Covid è la sfida epocale della nostra generazione. Averlo superato mi ha portato a schierarmi anche per un mondo meno egoista, rafforzando la mia propaganda sui vaccini che mi ha portato molti hater no-vax e minacce, anche di morte”.
La sua vita, come quella di molti altri italiani, è dunque cambiata e J-Ax racconta che sente anche l’esigenza di andare in chiesa: “Ogni tanto mi piace andarci per quel senso di pace, di spiritualità che si avverte. La vivo più come una tradizione che non una cosa da seguire con regole ferree. Ma il sentimento che c’è dietro va bene, mi piace. Ho anche difeso Suor Cristina a “The Voice”… certo, quando ha chiesto a tutti di recitare il Padre nostro mi scappava un po’ da ridere, ma andava bene così. Né con la polizia e né con la Chiesa faccio il discorso di tanti che vedono il marcio: penso che, come in tutte le istituzioni umane, ci sono persone fanno cose orribili e altre che vogliono fare del bene. Ma sono il primo a dire peste e corna della Chiesa quando tenta di interferire con la politica, tipo con il ddl Zan. Anche se nella bassa manovalanza delle parrocchie sono molto più progressiti che ai vertici”.
Certo anche l’età ha fatto cambiare, crescere quello che era un ragazzino sempre arrabbiato ha trovato il suo equilibri di vita: ” Il successo mi ha reso buono. Da giovane ero molto arrabbiato, risentito. Da ex ragazzino bullizzato mi ero trasformato in una iena e lo sono stato fino a che non ho trovato una serenità familiare e lavorativa. Sapere che se anche dovessi bucare tutti i miei dischi, da qui in avanti, non dovrò comunque cercarmi un lavoro mi rende più riflessivo e mi fa vivere più positivo. Con difficoltà a relazionarmi, preso di mira perché mi consideravano uno sfigato: ero magro e non mi piaceva il calcio. A parte le botte a scuola, in quella Milano a metà tra il libro “Cuore” e Garrone, avevo un risentimento per tutti gli amori non contraccambiati: mi avevano portato a provare una certa misoginia che poi rimane, finché capisci che è solo colpa tua”.
Un disagio che è rimasto silenzioso: “A casa non dicevo niente, rifiutavo il dialogo, un classico. Non volevo ammettere di avere un problema, era più facile pensare fosse colpa loro perché non mi compravano il motorino bello o le scarpe giuste. Mi ha fatto impressione quando mi sono ritrovato a cantare “Ma Mi” di Strehler a mio figlio, una notte e ha funzionato”.
Che adolescente sarà suo figlio? Come se lo immagina?
Risponde J.Ax al Corriere: “Credo che con un papà come me non potrà fare a meno di dire tutto… anche perché se non lo fa tanto lo sgamo”.
Angela Tangorra