L’ex presidente dell’Assemblea regionale siciliana (Ars), Gianfranco Micciché, deputato regionale di Forza Italia, è
indagato a Palermo per peculato, truffa e false attestazioni. Al politico è stata notificata la misura cautelare del divieto di dimora a Cefalù. Il parlamentare avrebbe usato per fini personali l’auto che gli era stata assegnata per svolgere le funzioni istituzionali. I magistrati gli contestano di aver confermato le false missioni di servizio dichiarate dall’autista di servizio, il dipendente Ars Maurizio Messina, che avrebbe guadagnato illecitamente indennità per oltre diecimila euro.
Con l’Audi della Regione, sistematicamente parcheggiata a casa dell’autista, per 33 volte, tra marzo e novembre del 2023, Miccichè avrebbe fatto viaggi privati, sarebbe andato a fare visite mediche, avrebbe dato passaggi, nel tragitto Palermo – Cefalù e viceversa, a componenti della sua segreteria, a familiari e a persone assunte nello staff politico e in realtà impiegate nelle più disparate mansioni: dalla pulizia, alla manutenzione della piscina, alla derattizzazione.
Il veicolo sarebbe stato utilizzato, secondo l’accusa, anche per portare al politico la cocaina e per fargli recapitare il
cibo acquistato al ristorante dell’amico Mario Ferro, lo chef indagato per spaccio di droga nell’ambito di una inchiesta che svelò che il deputato più volte si era rivolto a lui per acquistare stupefacenti. L’Audi faceva la spola tra Palermo e Cefalù anche per fare avere a Miccichè medicine e oggetti vari.
Per il gip di Palermo Miccichè avrebbe avuto “una gestione arbitraria e del tutto personalistica dell’autovettura” e avrebbe adibito il suo autista, dipendente dell’Ars “di volta in volta a conducente, a corriere, a portaordini, a trasportatore”. “Rimanendo nella propria residenza di Cefalù (e dunque nemmeno salendo a bordo dell’autovettura) – spiega il giudice – Miccichè disponeva che l’autista impegnasse più e più volte il tragitto Palermo-Cefalù per accompagnare il suo factotum o recapitargli due teglie di pasta al forno per il suo compleanno; per accompagnare la moglie o consegnargli un dispenser da sapone; per recapitargli un “bidone di benzina” o consegnargli un imprecisato cofanetto; per portare il gatto dal veterinario o recuperare il caricabatterie dell’iPad”.
“Così, nei 33 episodi considerati, non v’è chi non veda – prosegue il giudice per le indagini preliminari nell’ordinanza – come sia stata sviata la funzione istituzionale dell’automezzo, specie considerando che ogni viaggio comportava un impegno dello stesso per almeno quattro ore (durata che, per come emerso in relazione agli altri capi di imputazione,
consentiva all’autista di ottenere una retribuzione supplementare per l’attività effettuata). Non c’è da stupirsi, allora, che l’autista in primis, specie nel periodo successivo al clamore suscitato dall’arresto dello chef Di Ferro, si dolesse per l’uso e l’abuso dell’auto blu, e per questo riflettesse sulla necessità di parlare a Miccichè e dirgli: ‘Presidente, amu a fari casa, chiesa e ufficio, non possiamo fare'”. Numerose le intercettazioni registrate e finite agli atti.
Stefania Losito