Lo raggiunsero sulla complanare della statale 16, all’altezza di contrada Casina della principessa a Giovinazzo, nel Barese, mentre era a bordo di un calesse con un amico, il 3 giugno 2014. Scortati da due vedette, altri due, a bordo di una moto, lo affiancarono e uno di loro gli sparò 9 colpi di pistola mitragliatrice, uccidendolo. A nulla valsero i soccorsi chiamati dall’amico, Claudio Fiorentino, pregiudicato 33enne ritenuto vicino al clan Capriati, morì ancora a bordo, con il cavallo che continuava a trascinarlo sul mezzo. A distanza di nove anni, i carabinieri del comando provinciale di Bari hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Bari su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, a carico di sei persone, quattro originarie di Bari e due di Salerno, accusate a vario titolo dei delitti di omicidio in concorso, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dalle modalità mafiose.
Le indagini, supportate anche dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico degli arrestati, risultati tutti appartenenti al clan Di Cosola, attivo sul territorio di Bari e provincia, e di individuare il movente nella guerra tra clan rivali per il controllo del territorio. In particolare, i due mandanti dell’omicidio avrebbero organizzato e ordinato l’omicidio ai 4 sodali per agevolare l’attività criminale del clan sul territorio di Giovinazzo.
La misura cautelare è stata notificata in carcere a tre indagati, detenuti per altra causa, mentre degli altri tre, due sono stati associati in carcere ed uno è stato sottoposto agli arresti domiciliari.
Gli arrestati sono Michele Giangaspero e Piero Mesecorto (43 e 35 anni), considerati gli esecutori materiali dell’omicidio; Luigi Guglielmi (ritenuto l’attuale reggente del clan) e Carmine Maisto, considerati i mandanti; Mario Del Vecchio e Pasquale Maisto, considerate le vedette che hanno aiutato nell’esecuzione del piano. Sono accusati di omicidio in concorso, detenzione e porto illegale di armi, aggravati dalle modalità mafiose.
“Di questa vicenda è importante sottolineare due profili – ha detto il coordinatore della Dda di Bari, Francesco Giannella – il primo è il fondamentale contributo dei collaboratori di giustizia, che hanno dato un grande impulso alle indagini; il secondo è lo svelamento di alcuni aspetti inquietanti della vita di Giovinazzo, considerato un paese tranquillo in cui però ci sono rilevanti dinamiche mafiose. Se è considerata una città tranquilla è anche perché esiste una certa omertà, visto che le estorsioni non sono mai state denunciate”.
Stefania Losito