Sono quasi 50 i miliardi di euro all’anno che lo Stato italiano incassa grazie alle tasse patrimoniali già esistenti, nonostante l’Imu sull’abitazione principale sia stata abolita dieci anni fa. L’importo, relativo al 2022, valeva 2,6 punti di Pil, e la sua incidenza, rispetto al 1990, è raddoppiata.
La stima è dell’Ufficio studi della Cgia di Mestre (Venezia), che ha quantificato in una decina di voci questa tipologia di
prelievo sui beni patrimoniali, mobili, immobili o finanziari. La patrimoniali oggi esistenti sono l’Imu/Tasi, con un gettito nel 2022 pari a 22,7 miliardi, l’Imposta di bollo (7,7 miliardi), il bollo auto (7,2), l’Imposta di registro e sostitutiva (6,2), il canone Rai (1,9), l’Imposta ipotecaria (1,8), l’Imposta sulle successioni e donazioni (1), i diritti catastali (727 milioni), l’Imposta sulle transazioni finanziarie (461) e l’Imposta su imbarcazioni e aeromobili (1 milione).
Per la Cgia “il trend di crescita del prelievo è stato spaventoso: se nel 1990 l’erario ebbe modo di incassare 9,1
miliardi, nel 2000 il gettito ha raggiunto i 25,7 miliardi. Cinque anni dopo i soldi incassati sono saliti a 30,1 miliardi
che nel 2015 sono arrivati a 48,4. Nell’ultimo anno in cui i dati sono disponibili, il 2022, la riscossione ha toccato i 49,8
miliardi”. Anche alla luce di questo, l’Ufficio studi della Cgia esprime parere negativo all’ipotesi di introdurre una patrimoniale agli immobili o alla ricchezza finanziaria degli italiani, “non fosse altro perché di tasse, incluse le patrimoniali, ne paghiamo già troppe”.
Stefania Losito