Ministero, Regione Puglia e Comune di Bari sono stati condannati dalla Corte d’appello a risarcire i costruttori edili Matarrese di quasi 8,7 milioni di euro per risarcirli del danno patrimoniale subito dall’abbattimento – avvenuto nel 2006 – dei palazzi di Punta Perotti, sul lungomare di Bari. I giudici hanno parzialmente accolto il ricorso della società Sudfondi srl in liquidazione che aveva impugnato la sentenza con cui il Tribunale di Bari, nel 2014, aveva rigettato la domanda dei costruttori.
La vicenda ha inizio nel 1995, quando iniziarono i lavori della lottizzazione che poi fu ritenuta abusiva, ma gli imprenditori furono tutti assolti (nel 2001) perché avevano ottenuto una regolare autorizzazione edilizia. I palazzi furono comunque confiscati e demoliti nel 2006. L’illegittimità della confisca era già stata dichiarata dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha riconosciuto un risarcimento complessivo di 49 milioni di euro (37 alla sola Sud Fondi), gia’ liquidati, per il mancato godimento dei suoli negli anni della confisca, dal 2001 al 2010.
L’odierna sentenza, come sollecitato dalla società, riconosce che il risarcimento stabilito dalla Cedu non copriva tutti i
danni, riguardando unicamente la illegittimità della confisca e non l’accertamento della responsabilità in capo alle
amministrazioni che avevano rilasciato le concessioni edilizie e autorizzazioni che avevano dato il via libera ai cantieri, e
quindi dispone un ulteriore il ristoro per le spese sostenute per la progettazione, i costi pubblicitari, i pagamenti di Ici e
oneri di urbanizzazione, gli oneri finanziari e parte dei costi di esecuzione dei lavori.
“Nessun dubbio sulla demolizione di Punta Perotti”, è il commento del presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, che all’epoca dell’abbattimento era sindaco di Bari, commentando la sentenza. “La sentenza della Corte d’Appello di Bari – dice Emiliano – ha condannato gli Enti convenuti in giudizio per aver consentito agli inizi degli anni ’90 la realizzazione di Punta Perotti e non certo per aver disposto l’abbattimento. Quindi parliamo di responsabilita’ amministrative risalenti nel tempo. Infatti, la Corte territoriale ha ritenuto che all’epoca della adozione (1990) e della approvazione (1992) delle due lottizzazioni e relativo rilascio della concessione edilizia (1994) il Comune non potesse farlo, perche’ li’ non si poteva costruire, per la presenza dei vincoli di inedificabilita’ previsti dalla normativa regionale e statale vigente. Quindi i piani di lottizzazione non erano legittimi, perche’ privi della necessaria autorizzazione paesaggistica. Finalmente una parola chiara e, spero, definitiva sulle responsabilita’ politiche e amministrative di questa vicenda”.
Dal canto suo, il Comune valutera’ l’eventuale impugnazione del provvedimento, il cui limitato esito negativo è ampiamente coperto dai fondi rischi appostati da questa amministrazione nel proprio bilancio”.
“Nella fattispecie – spiega il sindaco Antonio Decaro – e’ bene chiarire che il Comune oggi e’ chiamato a farsi carico di
responsabilita’ ascrivibili all’epoca in cui vennero rilasciati i titoli edilizi, risalenti agli anni 90. La sentenza chiarisce
pero’ inequivocabilmente che la richieste esorbitanti proposte dalla societa’ costruttrice erano infondate per il 98%. Sarebbero infatti dovuti solo 8 milioni rispetto ai 540 milioni richiesti”.
Stefania Losito