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Suicidio assistito, primo via libera in Italia. Mario: “Mi sento libero e leggero”. Cappato: “Ora un referendum”

Per la prima volta un malato terminale ha ottenuto il via libera al suicidio medicalmente assistito in Italia. Mario (nome di fantasia, ndr), 43 anni, è paralizzato dalle spalle ai piedi da 11 anni a causa di un incidente stradale in auto. Ha chiesto da oltre un anno all’Azienda Sanitaria delle Marche che fossero verificate le sue condizioni di salute per poter
accedere, legalmente in Italia, ad un farmaco letale per porre fine alle sue sofferenze. “Mi sento più leggero, mi sono
svuotato di tutta la tensione accumulata in questi anni”, commenta Mario. “Sono stanco e voglio essere libero di scegliere il mio fine di vita. Nessuno – dice in un video – può dirmi che non sto troppo male per continuare a vivere in queste condizioni”, e “condannarmi a una vita di torture. Si mettano da parte ideologie, ipocrisia, indifferenza, ognuno si prenda le proprie responsabilità perché si sta giocando sul dolore dei malati”.

Questo l’inizio dell’iter previsto in applicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019 che indica le condizioni di non punibilità dell’aiuto al suicidio assistito. Dopo il diniego, una prima e una seconda decisione definitiva del Tribunale di Ancona, due diffide legali all’ASUR Marche, Mario ha finalmente ottenuto il parere del Comitato etico, che a seguito di verifica delle sue condizioni tramite un gruppo di medici specialisti nominati dall’Asur Marche, ha confermato che Mario possiede i requisiti per l’accesso legale al suicidio assistito. Fondamentale è stato il sostegno dell’Associazione Luca Coscioni e di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione e in prima linea sul suicidio assistito. “Dopo la sentenza della Corte Costituzionale che ha a tutti gli effetti legalizzato il suicidio assistito, nessun malato ha finora potuto beneficiarne, in quanto il Servizio Sanitario Nazionale si nasconde dietro l’assenza di una legge che definisca le procedure – afferma Cappato – Mario sta comunque andando avanti grazie ai tribunali, rendendo così evidente lo scaricabarile in atto. Dopo aver smosso l’Azienda Sanitaria locale che si rifiutava di avviare l’iter, ora è stata la volta del Comitato Etico. Manca ora la definizione del processo di somministrazione del farmaco eutanasico”. Tale “tortuoso percorso è anche dovuto alla paralisi del Parlamento, che ancora dopo tre anni dalla richiesta della Corte costituzionale non riesce a votare nemmeno una legge che definisca le procedure di applicazione della sentenza della Corte stessa. Il risultato di questo scaricabarile istituzionale -rileva – è che persone come Mario sono costrette a sostenere persino un calvario
giudiziario, in aggiunta a quello fisico e psicologico dovuto dalla propria condizione”.
“E’ possibile che la decisione del Comitato etico consentirà presto a Mario di ottenere ciò che chiede da 14 mesi. Ma è certo che per avere regole chiare che vadano oltre la questione dell’aiuto al suicidio e regolino l’eutanasia in senso più ampio – conclude Cappato – sarà necessario l’intervento del popolo italiano, con il referendum che depenalizza parzialmente il reato di omicidio del consenziente”.

Stefania Losito

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