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Tik Tok, interviene il Garante della privacy dopo la tragedia di Palermo

Antonella aveva 10 anni, viveva a Palermo ed è stata trovata senza vita dai suoi genitori in bagno con la cintura dell’accappatoio intorno al collo. Il sospetto è che la piccola volesse partecipare a una challenge sul social Tik Tok, una sorta di gara di resistenza al soffocamento. Il cellulare della bambina era vicino al corpo e gli inquirenti che indagano  a carico di ignoti per istigazione al suicidio hanno deciso che lo esamineranno.
Così, mentre apprendiamo che Antonella salverà 4 bambini grazie all’espianto dei suoi organi voluto dai genitori, si fa acceso il dibattito sulla sicurezza dei social per i minori.
Dalle dichiarazioni del papà di Antonella, Angelo Sicomero, si sa che la piccola aveva non uno ma più profili social, che quello era il suo mondo e, come ha raccontato, tra le lacrime, “Mi fidavo, non la controllavo”.
I parenti raccontano di Antonella come una bambina sempre solare, allegra, sì vanitosa come le sue coetanee che non si staccava mai dal cellulare e proprio da quel cellulare potrebbe essere arrivata “l’ispirazione” a compiere quel gesto che certo non aveva, a detta di chi la conosceva, altri motivi per compiere.
Così mentre tutti pensiamo alla tragedia e montano le preoccupazioni di genitori, tutori e insegnanti, così come quelle dei più piccoli inevitabilmente costretti a riflettere sulla vicenda, il garante della privacy ha bloccato tik tok in Italia fino al 15 febbraio.
La legge italiana vieta a chi abbia meno di 14 anni di accedere ai social, ma su Tik Tok il divieto è facilmente aggirabile: basta dichiarare una età falsa quando si compila il form per l’iscrizione.
Arriva intanto l’appello della polizia postale che parla per bocca di Nunzia Ciardi che guida proprio  la polizia postale e delle comunicazioni. Dice Ciardi: “Almeno fino ai 12 anni non lasciate i figli soli quando navigano in rete”.

Proprio su questo punto i genitori si confrontano: per molti è davvero oggettivamente difficile, tra codici e password,  accedere al cellulare dei figli. Controllare il cellulare significa non fidarsi? Ma forse significa anche non aver “seminato” bene, come dice sempre Nunzia Ciardi quando sostiene che dovremmo abituare i ragazzi al controllo fin da quando sono piccoli, da quando per le prime volte, intorno ai 4-6 anni, diamo loro un cellulare in mano per vedere il video del cartone preferito che però potrebbe nascondere pericolose insidie includendo immagini dannose per loro. Come già successo nel caso discusso  di Momo o Jonathan Galindo, altri mostri social che raggiungevano, non è mai stato capito come, il cellulare dei nostri figli.

Angela Tangorra

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