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Vallanzasca è “intemperante”: niente semilibertà per l’ex re della mala in carcere da quasi cinquant’anni

Un altro episodio da film per Renato Vallanzasca, da quasi cinquant’anni in carcere, con un vita tra omicidi, evasioni e vecchi codici di comportamento della mala milanese degli anni ’70 e ’80, la cui storia è stata anche raccontata in un lungometraggio di Michele Placido nel 2010, tra rivolte nei penitenziari e fughe. Seppure sia “un uomo provato”, nel fisico e nella mente, Renato Vallanzasca, 72 anni, non può uscire da Bollate né in libertà vigilata, né in semilibertà. Lo ha deciso, con l’ennesimo rigetto di una sua istanza, il Tribunale di Sorveglianza di Milano.
Da “un diverbio” avuto con un agente della penitenziaria durante “il controllo delle urine”, lo scorso agosto, di ritorno
da un permesso premio e per il quale e’ stato “sanzionato con il richiamo”, scrivono i giudiciviene fuori “tutt’ora il carattere intemperante” di Vallanzasca, il cui primo arresto risale al 1972.
Un fatto riportato con queste valutazioni dal collegio che nel respingere la richiesta sui due benefici (la semiliberta’ in
subordine) chiarisce, tra le altre cose, che l’ex bandito della Comasina, che ha il “fine pena mai”, “non si e’ ravveduto e non ha risarcito le vittime”. Presupposti per la liberazione condizionale.
Una precedente istanza era stata bocciata nel 2020 con conferma della Cassazione. Decisione che il Tribunale riporta
integralmente nell’ultimo provvedimento, richiamando ancora quel tentativo di rapina del 2014 (di mutande e altri pochi oggetti) in un supermercato a Milano, quando era in semilibertà. E specificando che l’ex ‘re della mala’ non ha ancora mostrato “comportamenti positivi” di ravvedimento, “da cui poter desumere l’abbandono delle scelte criminali”. Sono mancati pure in questi ultimi due anni, secondo i giudici, assieme al requisito del “risarcimento del danno” o ad una spiegazione convincente sul perche’ non puo’ adempiere.
Nei giorni scorsi, poi, il pm delle esecuzioni Adriana Blasco, in un procedimento autonomo sul cumulo pene, ha chiesto
di applicare per lui altri 6 mesi di isolamento diurno (fece già 3 anni fino al 2001). Intanto, sempre la Sorveglianza, oltre a richiamare l’ordinanza del 2020 in cui si affrontava il tema della sua “pericolosità”, trascrive le relazioni dell’equipe del carcere nelle quali si dice che l’ex boss negli ultimi due anni ha tenuto una “condotta abbastanza corretta”. Scrivono, però, che si sta “‘ritirando’ in sé stesso”. Dagli atti, che danno conto dei permessi premio che ha ottenuto presso una comunita’ di accoglienza, risulta che Vallanzasca “in particolare dal 2021” è “provato”, “segnato ovviamente da circa 50 anni di carcere”. Tutti nella comunità “hanno finito per affezionarsi” a lui, “a volte un po’ spaesato”. La stessa difesa ha depositato documenti con valutazioni neurologiche. Il Tribunale, però, per quando riguarda l’ok negato alla semilibertà sostiene che il difensore si e’ limitato a chiedere il beneficio indicando solo la comunità, senza dire nulla sulla “attivita’ lavorativa” che dovrebbe svolgere per il “rinserimento sociale”. Gli operatori hanno segnalato che Vallanzasca avrebbe potuto partecipare a “gruppi di orientamento riparativo” con autori e vittime di reati. Una indicazione “assolutamente generica”, rispondono i giudici.
Anche la comunita’ ha fatto presente, dato il suo stato di salute, che non potrebbe svolgere attività “utile al
reinserimento”. Va detto, tuttavia, conclude la Sorveglianza, che “le condizioni di salute del detenuto non possono avere rilievo” per concedere le misure che chiede. Quindi, il bel Renè, come lo chiamano tutti – nomignolo che lui detesta – resta in cella.

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