Intanto i soldati Usa hanno ucciso 2 uomini armati all’aeroporto di Kabul
Sono rientrati con il volo Kc767 dell’Aeronautica militare, atterrato al Terminal 5 di Fiumicino, i 74 passeggeri tra personale diplomatico ed ex collaboratori afghani del contingente italiano. Tra loro anche alcuni connazionali italiani presenti nel Paese. Sono partiti dall’Afghanistan con la capitale, Kabul, nel caos: i soldati americani hanno sparato in aria per tenere a bada i civili che si sono riversati sulle piste, tentando di salire su aerei parcheggiati o in movimento. Dal Pentagono, però, fanno sapere che hanno ucciso due uomini armati. Sette persone sarebbero invece morte nella calca durante tentativi di fuga. La missione di evacuazione dell’esercito tedesco è rinviata perché nell’aeroporto di Kabul i due aerei A400M non riescono ad atterrare per il caos nello scalo, e sono bloccati in Azerbaigian, a Baku, per rifornimento. Intanto, in aeroporto a Roma, personale sanitario, con Croce Rossa e ministero della Salute, ha cominciato a sottoporre tutti i rimpatriati al tampone anti Covid mentre l’area interna ed esterna è sotto la stretta sorveglianza di polizia e carabinieri. E’ il primo volo di evacuazione nell’ambito del ponte aereo messo a punto dalla Difesa. Nei prossimi giorni altri voli riporteranno in Italia i connazionali rimasti nel Paese e gli altri afghani da accogliere. Kabul è caduta sotto l’assedio dei talebani, che hanno preso possesso del palazzo presidenziale e hanno proclamato l'”Emirato islamico”.
Sono spaventati e preoccupati. “Ho paura per chi ha lavorato con noi ed ora sta per morire. I Talebani li cercano casa per casa – spiega uno degli afghani arrivati oggi – abbiamo lasciato migliaia di persone che rischiano la vita. La situazione è gravissima, la comunità internazionale li salvi”. “Ci sentiamo traditi. I nostri collaboratori hanno creduto in noi e ora sono abbandonati e rischiano a vita – racconta un medico afghano che lavora con l’agenzia italiana per la Cooperazione, anche lui sul volo militare – abbiamo lasciato collaboratori a Kabul e non sappiamo ora come aiutarli, come dobbiamo fare. Donne che non possono muoversi, che hanno collaborato con noi , che abbiamo formato, ostetriche, medici, che lavoravano con noi ed ora sono abbandonati. I nostri ospedali sono abbandonati, non hanno farmaci, e malati muoiono. Bambini che non hanno da mangiare. Io sono un medico rifugiato che ha collaborato a progetti sanitari a Kabul e nelle province. Abbiamo costruito progetti ed ora sono abbandonati. Avevo creduto molto nella transizione ed ora sono deluso”.
“Sono stato 11 anni in Afghanistan. Ho visto all’inizio la speranza di un paese che poteva rifiorire, ora vediamo un Paese con il cuore in gola. Adesso la situazione è peggiorata ulteriormente”. E’ il racconto di Pietro del Sette, che si occupa di cooperazione e sviluppo dell’agricoltura, anche lui rientrato poco fa in Italia. “La speranza – aggiunge – è che la componente dell’aeroporto militare riesca a portare a termine le operazioni di rimpatrio. La previsione è di portarli tra stasera domani e dopodomani”. Mentre un altro italiano, esperto in logistica e lavoro, dice, con la voce spezzata: “Ho il cuore infranto”.
“Ora bisogna proteggere chi ha collaborato, chi ha lavorato per noi”, è la promessa del presidente del Consiglio, Mario Draghi. “Il grido di aiuto delle donne e delle bambine afghane non può rimanere senza risposta. L’Italia è al lavoro e farà la sua parte”. Lo scrive su Twitter invece la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti che ha ritwittato il post di Palazzo Chigi, in cui, tra l’altro, si spiega che “L’Italia è al lavoro con i partner europei per una soluzione della crisi che tuteli i diritti umani, e in particolare quelli delle donne”.
Stefania Losito