La Cassazione ha indicato la via maestra da seguire sulla legittimità o meno dell’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche: è quella dell'”accomodamento ragionevole, del confronto, della ricerca, insieme, di una soluzione mite, intermedia, capace di soddisfare le diverse posizioni”, senza neppure escludere, in caso di richiesta, la possibilità di esporre simboli di altre religioni.
La Suprema Corte si è espressa su un caso degli anni 2008-2009: aveva torto il dirigente scolastico di un istituto professione di Terni il quale, aderendo alla decisione presa a maggioranza dall’assemblea degli studenti di una terza classe, aveva ordinato l’esposizione del crocifisso in quell’aula senza cercare un “ragionevole accomodamento” con la posizione manifestata da un professore dissenziente che, durante le sue lezioni, rimuoveva sistematicamente la croce, reclamando il rispetto della propria libertà di insegnamento e di religione.
In definitiva, la circolare del dirigente scolastico era illegittima perchè ‘ordinava’ l’esposizione del crocifisso “senza percorrere la strada del confronto e della mediazione”.
Nelle motivazioni della sentenza, le sezioni unite civili della Cassazione hanno fatto riferimento ai principi di uguaglianza dei cittadini, di libertà di religione e di laicità dello Stato.
Hanno, inoltre, ricordato, come l’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche, non avendo il Parlamento approvato una legge, sia tuttora prevista da un regio decreto del 1924, ma non è più un atto dovuto, non essendo consentito dalla Costituzione imporne la presenza.
Il non-obbligo, tuttavia, non si traduce in un divieto di esposizione del crocifisso: esso può essere esposto “allorquando la comunita’ scolastica decida in autonomia di esporlo, nel rispetto e nella salvaguardia delle convinzioni di tutti, affiancando al crocifisso, in caso di richiesta, gli altri simboli delle fedi religiose presenti nella comunità scolastica”
Michela Lopez