La 4a sezione penale della Cassazione ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Firenze che ha condannato a 3 anni Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi per tentata violenze sessuale su Martina Rossi, la studentessa genovese morta nel 2011 precipitando dal sesto piano di un albergo di Palma di Maiorca, in Spagna, mentre fuggiva dagli aggressori. La studentessa genovese di 20 anni non si è suicidata, ma è precipitata dal balcone nel tentativo di sfuggire a una violenza sessuale. A questa conclusione, dopo 10 anni, sono arrivati i processi e la sentenza definitiva. “Non ci deve essere più nessuno che si possa permettere di far del male a una donna e passarla liscia. Adesso posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c’è più, ma anche soddisfatto perché il nostro paese è riuscito a fare giustizia”, ha commentato Bruno Rossi. E dal legale dei genitori di Martina arriva l’accusa: “”Martina – ha detto l’avvocato Luca Fanfani – è morta in conseguenza di un tentativo di stupro, non esiste un’altra verità. Ora la Spagna chieda scusa per come archiviarono dopo tre ore e affittarono la camera”.
La quarta sezione penale della Cassazione, dopo sette ore di udienza e due di camera di consiglio, ha dichiarato inammissibili i ricorsi della difesa dei due 30enni aretini e ha scongiurato la prescrizione.
Martina è morta 10 anni fa (era il 3 agosto 2011) a Palma di Maiorca, cadendo dal balcone di un albergo mentre era in vacanza con le amiche. Secondo la procuratrice generale, Elisabetta Ceniccola, la ragazza non si è suicidata, come si è creduto all’inizio, e come vuole la tesi difensiva, ma ha scavalcato la balaustra, finendo di sotto, per sfuggire a una violenza sessuale, e il reato non si è prescritto. Poi, ha ricordato la pg, c’è il fatto che sul corpo della ragazza ci fossero delle lesioni non compatibili con la caduta, i graffi su uno dei due ragazzi, e il fatto che la ragazza non avesse i pantaloncini, che non sono stati ritrovati, ed è illogico che fosse andata in giro per l’albergo senza. I due giovani della provincia di Arezzo erano stati prima condannati a 6 anni, poi assolti il 9 giugno del 2020 “perché il fatto non sussiste” dalla Corte d’appello di Firenze che ha dato per buona l’ipotesi del suicidio, ed è stato la stessa Cassazione a riaprire il caso, rilevando errori e sottovalutazioni in quella decisione, e disponendo un processo bis, nel quel poi sono stati condannati ad aprile. A fine agosto il processo era già approdato nuovamente in Cassazione, davanti alla sezione feriale, temendo la prescrizione prima di poter essere trattato dalla sezione competente per materia.
“Grande amarezza, abbiamo creduto fino all’ultimo al riconoscimento dell’innocenza di Luca. Ma non è finita qui. Ricorreremo alla Corte Europea e chiederemo la revisione del processo”, ha assicurato il difensore di Vanneschi, Stefano Buricchi.
Stefania Losito