I pesci utili nella ricerca contro l’invecchiamento
Alcuni fattori genetici scoperti nei genomi degli scorfani dell’Oceano Pacifico otrebbero rivelarsi utili per le future ricerche sui fattori che influenzano l’invecchiamento. E’ l’ipotesi suggerita da uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell’Università della California a Berkeley, che hanno esaminato e assemblato le sequenze genetiche degli scorfani del Pacifico, del genere Sebastes. Questi animali, spiegano gli autori, sono tra i vertebrati più longevi, con la durata media della vita che varia da circa un decennio per i Sebastes dallii a oltre 200 anni per i Sebastes eutianus. “I vertebrati sono caratterizzati da aspettative di vita molto variegate – spiega J. Yuyang Lu, della Tsinghua University – questi pesci potrebbero aiutarci a individuare strategie utili per migliorare l’invecchiamento”.
“Comprendere le basi genetiche della variazione della durata della vita tra i vertebrati – osserva Sree Rohit Raj Kolora, dell’Università della California a Berkeley – potrebbe essere fondamentale per scoprire meccanismi alla base della salute umana, il che potrebbe aprire la strada allo sviluppo di trattamenti volti a migliorare le condizioni di
salute in età avanzata”. Il team ha sequenziato e analizzato i genomi di 88 diverse specie di scorfani. Gli studiosi hanno così identificato le firme genetiche nei taxa più longevi e individuato 137 geni associati a una migliore capacità di adattamento. Alcuni di questi fattori genetici risultavano correlati anche a comportamenti adattativi distintivi, come la capacità di vivere a una maggiore profondità o dimensioni corporee maggiori. “Il 60 per cento della variabilità nella durata della vita – commenta Peter Sudmant, dell’Università della California a Berkeley – può essere ricondotto alle
dimensioni del pesce e alle profondità a cui nuota”. I ricercatori hanno anche ricostruito l’aspetto del genoma ancestrale delle specie odierne, che si sono differenziate circa 10 milioni di anni fa. I risultati, commentano gli autori, contribuiscono a spiegare una serie di innovazioni genetiche alla base dell’evoluzione, come popolazioni di dimensioni più contenute. Le specie più longeve, concludono gli autori, sembrano caratterizzate da un maggiore controllo delle infiammazioni sistemiche, il che potrebbe rappresentare la chiave per la durata media della vita più elevata.”
Angela Tangorra