Scoperta la zona del cervello che domina l’emozione più temuta
Scienziati al lavoro per scoprire da dove parte la paura. La corteccia insulare (InsCtx) potrebbe essere l’area cerebrale che bilancia le risposte della mente e del corpo in relazione allo stimolo della paura. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Science e condotto dagli scienziati del Max-Planck Research School for Molecular Life Sciences, che hanno utilizzato un modello murino per identificare la zona del cervello legata alla risposta alle risposte al potenziale pericolo.
Il team, guidato da Alexandra Klein, ha scoperto che all’interno della corteccia insulare si generano segnali di feedback corporeo per tenere sotto controllo le risposte alla paura. Il gruppo di ricerca ha indagato i meccanismi alla base della paura e della risposta corporea ed emotiva ad essa.
Gli autori dello studio, hanno spiegato che la paura è la risposta innata al pericolo, ed e’ fondamentale per la sopravvivenza, anche se è necessario che si instauri un equilibrio funzionale con le reazioni conseguenti. Una risposta eccessiva può infatti provocare disturbi d’ansia e stress, mentre una risposta troppo debole potrebbe portare a un’assunzione di rischi ingiustificata. La paura può invocare forti segnali di attivazione corporea, inclusi cambiamenti nella frequenza cardiaca e respiratoria, azioni comportamentali e risposte emotive, ma i meccanismi alla base di queste sensazioni non sono ancora ben compresi. Lavori precedenti suggerivano che la corteccia insulare potrebbe svolgere un ruolo nell’elaborazione dei segnali corporei. Stando a quanto scoperto dal gruppo di ricerca, InsCtx svolge un importante ruolo parallelo nell’aumentare o sopprimere la risposta al potenziale pericolo.
Secondo gli autori, la rigidità suscitata dalla paura è associata a una frequenza cardiaca rallentata, che a sua volta diminuisce l’attività nella corteccia insulare, mantenendo il controllo delle reazioni all’interno di un intervallo di adattamento. I risultati, commentano i ricercatori, mostrano come la corteccia insulare possa collegare segnali sensoriali e corporei necessari alla regolazione dell’istinto. “Questa ricerca – commenta in una prospettiva correlata John Christianson, del Boston College – sottolinea l’importanza di un approccio olistico che tenga conto della
mente, del corpo e del cervello per comprendere le emozioni. Questo modello può rappresentare la base per la ricerca futura, che possa contribuire a indagare il modo in cui gli stati complessi associati al dolore e alla malattia I interagiscono con i processi mentali”.
Angela Tangorra