Julian Assange, il 50enne australiano fondatore di Wikileaks, detenuto in Gran Bretagna dopo una fuga durata 10 anni, sarà estradato negli Usa. L’Alta Corte di Londra ha ribaltato la sentenza di primo grado emessa lo scorso gennaio che negava l’estradizione all’ex “primula rossa”. E’ stato così accolto il ricorso del team legale americano che si opponeva al no alla consegna dell’ex primula rossa sulla base di un asserito pericolo di suicidio legato – secondo una perizia – al prevedibile trattamento giudiziario e carcerario. I giudici sono stati convinti dalle rassicurazioni sul trattamento in carcere di Assange, una volta che fosse estradato negli Usa, fatte dalle autorità americane per evitare il temuto suicidio. E’ quindi previsto, ora, che il caso venga rinviato al tribunale di primo grado per essere ascoltato nuovamente. Lord Burnett ha infatti dichiarato: “Questo rischio è a nostro giudizio escluso dalle rassicurazioni che vengono offerte”. E ha aggiunto: “Questa conclusione è sufficiente per determinare il ricorso a favore degli Usa”. Washington insegue Assange da 10 anni per la diffusione di documenti segreti, e negli Usa rischia una condanna a 175 anni di carcere. Il fondatore di Wikileaks deve rispondere di 18 capi di imputazione, 17 dei quali che si rifanno all’Espionage Act. I legali degli Usa hanno fornito rassicurazioni affermando che la condanna per aver pubblicato le migliaia di documenti top secret sulle guerra in Afghanistan ed Iraq potrebbe essere tra i 4 ed i 6 anni.
“Un grave errore giudiziario”, ha commentato Stella Moris, compagna di Julian Assange e membro del suo team
legale, in un post pubblicato su Twitter da Wikileaks. Moris ha annunciato la volontà di fare ricorso al più presto possibile alle autorità giudiziarie del Regno Unito. “E’ stato vergognoso e cinico prendere una decisione come questa nella Giornata mondiale dei diritti umani”, ha detto Moris, parlando ai media davanti alle Royal Courts of Justice di Londra dopo il verdetto. Moris, visibilmente commossa, ha esortato le persone a “combattere per Julian”.
Stefania Losito
(@credits: foto dalla pagina Facebook Wikileaks)