E’ stato intitolato al cantautore genovese Fabrizio De Andrè l’Istituto comprensivo scolastico di Scanzano Jonico, in Basilicata. La scuola, ad indirizzo musicale, ha scelto, dopo una lunga discussione, di chiamarsi col nome di un gigante della musica e della poesia. Il cantautore, morto a 59 anni, certamente avrebbe gradito il riconoscimento nonostante la sua ritrosia alla pratica di “incartapecorire” gli uomini in definizioni o titoli. Lo avrebbe gradito proprio perché in pochi sanno che alcuni dei versi più belli della canzone “Ho visto Nina volare” descrivono una antica pratica mantenuta in vita da alcune anziane contadine osservate nel materano durante un viaggio improvvisato per trarre ispirazione e spunti per il suo album “Anime Salve”, l’ultimo realizzato prima di morire. I versi sono: «mastica e sputa, da una parte il miele, mastica e sputa, dall’altra la cera». Racconta Ivano Fossati che con De Andrè lavorò all’album: “Il masticare e sputare da una parte il miele e dall’altra la cera è un’antichissima pratica osservata con stupore da De André mentre veniva effettuata da alcune anziane contadine nel materano, in Basilicata”. Carlo Bonanni, interprete di De Andrè, conferma il racconto di Fossati: “De Andrè e Fossati hanno soggiornato a lungo in Basilicata e furono colpiti dalle anziane contadine di Matera che usavano masticare fettine di favo per ore ed ore ottenendo in tal modo la separazione del miele dalla cera, che poi espellevano dalla bocca sistemando i due prodotti in recipienti diversi”.
La sua città, Genova, la sua seconda terra, la Sardegna, e la lontanissima Basilicata sono i campi di raccolta di parole sensazioni immagini del suo testamento musicale. E la parentesi lucana della sua vita forse significa molto di più se De Andrè inserisce i versi ispirati dalle anziane contadine lucane in una canzone che trae spunto dal suo primo amore, Nina, quella bambina con cui il piccolo Fabrizio giocava nei pomeriggi estivi trascorsi con i genitori nella casa di campagna nell’Astigiano. “Ho visto Nina Volare” è la bimba che vola sull’altalena, è l’amore inconfessabile che non si può riferire al proprio padre, quell’autorità paterna da contrastare con la forza o semplicemente nascondendosi. E’ quell’amore che forse non sarà amore nella realtà ma che lo diventa nelle parole di un poeta. E nella voce di De Andrè.
Maurizio Angelillo