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Inammissibile il quesito sulla cannabis. Amato: “Violava gli obblighi internazionali”. Cappato: “Si sbaglia”

I quesiti accolti e quelli bocciati, le spiegazioni e l’iter

“Il referendum non era sulla cannabis, ma sulle sostanze stupefacenti. Si faceva riferimento a sostanze che includono papavero, coca, le cosiddette droghe pesanti. E questo era sufficiente a farci violare obblighi internazionali”. Così il presidente della Consulta Giuliano Amato spiegando la bocciatura del quesito sulla depenalizzazione della coltivazione della cannabis. “Il quesito era articolato in 3 sotto quesiti. Il primo relativo all’articolo 73 comma 1 della legge sulla droga prevede che scompare tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, ma la cannabis è alla tabella 2, quelle includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti – ha proseguito Amato – già questo è sufficiente per farci violare obblighi internazionali plurimi che abbiamo e che sono un limite indiscutibile dei referendum. E ci portano a constatare l’inidoneità dello scopo perseguito”. Anche Marco Cappato, dell’Associazione Coscioni promotrice del referendum, replica: “E’ Amato a sbagliarsi, non ha letto bene il combinato degli articoli”. “Un’ottima notizia l’inammissibilità del referendum sulla cannabis. Il partito della droga è stato sconfitto”, dichiara il senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri.

Proteste arrivano da Riccardo Magi, deputato e presidente di Piu’ Europa, che era in attesa della decisione davanti alla
Consulta. “E’ incredibile questa decisione della Corte costituzionale dopo che il referendum è stato sottoscritto da 600mila cittadini – ha commentato – in questo Paese è impossibile promuovere dei referendum. La corte costituzionale
ha fatto quello che il presidente Amato ha detto pochi giorni fa che non andava fatto, cioè cercare il pelo nell’uovo”. La replica di Amato: “Non mi pare che nessuno abbia cercato i peli nell’uovo: in alcuni casi l’orientamento è stato unanime, in altri prevalente”.

“Le motivazioni addotte dal Presidente Amato e le modalità scelte per la comunicazione, sono intollerabili”, dichiara il
Presidente del Comitato Referendum Cannabis Marco Perduca. “Il quesito non viola nessuna convenzione internazionale, tant’è vero che la coltivazione è stata decriminalizzata da molti paesi, ultimo tra questi Malta. Il riferimento del Presidente alle tabelle è fattualmente errato: dall’anno della bocciatura della Legge Fini Giovanardi (2014) il comma 4 è tornato a riferirsi alle condotte del comma 1, comprendendo così cannabis. La scelta è quindi tecnicamente ignorante e esposta con tipico linguaggio da convegno proibizionista”, prosegue la nota.

Per quanto riguarda gli altri quesiti, la Consulta ha giudicato inammissibile quello sulla responsabilità civile diretta dei magistrati. Ieri il no al referendum sull’eutanasia. Il via libera va soltanto a cinque dei sei referendum abrogativi sulla giustizia: i cittadini, in primavera, potranno votare per cancellare la legge Severino sulla incandidabilità e decadenza di parlamentari e uomini di governo condannati a 2 anni, sulla separazione delle carriere dei magistrati, sulla stretta alla custodia cautelare, sul via libera alle candidature per il Csm senza un numero di firme e sul voto degli avvocati nelle valutazione dei magistrati. Si tratta di cinque dei 6 referendum proposti dalla Lega e dal partito Radicale, e presentati da otto Regioni. Salvini esulta: “Una vittoria clamorosa”.

Soddisfatto Antonio Decaro, presidente dell’Anci, per il via libera al quesito sulla legge Severino. “Noi sindaci abbiamo chiesto da sempre una modifica della legge perché ci ritroviamo, unica figura istituzionale, ad essere sospesi per 18 mesi senza una condanna definitiva”, ha detto. Anche per reati, come l’abuso d’ufficio, in cui i sindaci “incorrono facilmente e alla fine, nella stragrande maggioranza dei casi, vengono assolti”.

Nel corso di una conferenza stampa, Amato è tornato sulla bocciatura del referendum sul fine vita promosso sempre
dall’associazione Coscioni. “Leggere o sentire che chi ha preso la decisione non sa cosa sia la sofferenza ci ha ferito
ingiustamente. Il referendum non era sull’eutanasia ma sull’omicidio del consenziente” che, ha detto, “apre all’impunità penale di chiunque uccide qualcun altro con il consenso, sia che soffra sia che non soffra. Occorre dimensionare il tema dell’eutanasia alle persone a cui si applica, ossia a coloro che soffrono. Noi non potevamo farlo sulla base del quesito referendario, con altri strumenti può farlo il Parlamento”. E poi, replicando sempre a Cappato, Amato osserva: “dire che questa Corte fosse maldisposta significa dire una cattiveria che si poteva anche risparmiare”. 

Stefania Losito

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