La testa di un agnello sacrificato e lasciato davanti all’abitazione di un imprenditore. Era uno dei metodi utilizzati per estorcere denaro a proprietari di aziende del territorio, insieme alla pratica di incendiare le vetrate dei negozi. A Foggia sono state inflitte cinque condanne, tra i tre e i 13 anni di reclusione, ad altrettanti imputati nel corso nell’ultima tranche del processo contro la mafia foggiana, nota come “Società foggiana”. Il processo segue le indagini coordinate dalla Direzione investigativa antimafia ed eseguite dai Carabinieri del Ros di Bari, che portò a un blitz il 16 luglio 2013.
In tutto gli imputati sono 38, accusati a vario titolo di: mafia, estorsioni, spaccio, sequestro di persona, ricettazione e riciclaggio. Il processo si è diviso in sei tranche nel corso delle quali sono state condannate circa 30 persone. Nell’ultima tranche, ancora in corso davanti ai giudici di primo grado, sono stati condannati Luigi Carella (5 anni per possesso di una pistola); Francesca Viggiano (3 anni e 6 mesi per concorso nella detenzione di due pistole); Ciro Stanchi (13 anni per concorso in due tentativi di estorsione ai danni di un costruttore davanti alla cui abitazione fu lasciata una testa di un agnello e di un imprenditore che subì l’incendio delle vetrate del negozio); Ciro Imperio (12 anni per concorso nel tentativo di estorsione a un imprenditore, mentre è stato assolto per il tentativo di estorsione a un costruttore); Michele Ragno (7 anni e 11 mesi per riciclaggio e ricettazione di auto).
Anna Piscopo