
Parlava tre lingue e i registi americani lo cercavano anche per la voce di velluto che lo contraddistingueva
Generazioni di italiani lo ricorderanno sempre come Tano Cariddi, il mafioso di una delle prime serie tv, “La piovra”, con Michele Placido nel ruolo del commissario Cattani. E’ Remo Girone, che il 3 ottobre, all’età di 76 anni, si è spento nella sua casa nel Principato di Monaco, dove da tempo amava vivere insieme a sua moglie Victoria Zinny. Aveva raccontato di aver lottato contro un tumore alla vescica, scoperto sul set di un film, e contro la depressione.
Un uomo gentilissimo, elegante, riservato e sobrio, nato all’Asmara in Eritrea nel 1948, ha attraversato il teatro, il cinema e la televisione per oltre mezzo secolo rivestendo ruoli differenti, in modo sempre adeguato ed eccellente.
Tornato in Italia a 13 anni per frequentare la scuola italiana, lascia presto l’università per l’Accademia Silvio d’Amico. Debutta al cinema nel 1974 con “L’anticristo” di Alberto De Martino su un set affollato di colleghi famosi da Carla Gravina a Mel Ferrer, da Alida Valli a Mario Scaccia e Umberto Orsini. Ma i critici si accorgono di lui nello stesso anno perché Miklos Jancsò, regista allora famosissimo, lo sceglie per il suo “Roma rivuole Cesare”, un film dello stesso anno girato per la televisione. A Checov lo riporta Marco Bellocchio nel 1977 con “Il gabbiano”. Poi i film, più di 50, firmati da Pasquale Squitieri, Damiano Damiani, Ettore Scola, Riccardo Milani, in tv è una presenza fissa fin dalla metà degli anni ’70 con lo stesso numero di titoli di qualità.
Parla il francese, l’inglese e diventa uno di nostri caratteristi più ricercati all’estero, da James Mangold a Ben Affleck, da Jacques Rivette a Tom Tykwer, fino ad Antoine Fuqua che lo ha diretto nel 2023 in “The Equalizer 3”. Eppure per tutti oggi e sempre Remo Girone rimane legato a “La Piovra”. “Venivo dall’aver interpretato Raskol’nikov a teatro in ‘Delitto e Castigo’ – ha raccontato di recente -. Quest’ultimo si sente al di sopra della morale comune e uccide un usuraio. Molto di questo personaggio l’ho portato in Tano Cariddi”.
Molte delle sue scelte più recenti, però, mettevano in luce il suo sguardo buono, una figura di italiano gentile e saggio come il libraio di “Il diritto alla felicità” di Claudio Rossi Massimi, il prete di “Il mio nome è vendetta” di Cosimo Gomez, il buon dottore di “Equalizer 3”, con Denzel Washington, poi ancora Enzo Ferrari in Le Mans ’66 – la grande sfida, con Matt Damon e Christian Bale nel 2019, passando per Benvenuto presidente con Claudio Bisio.
Con Remo Girone se ne è andato un italiano anomalo, discreto, silenziosamente professionale, lavoratore indefesso al servizio della cultura.
Stefania Losito