Lo avrebbe aggredito nel nuovo parco della Rossani, a Bari, il 5 aprile scorso, picchiandolo al punto da fargli perdere la funzionalità di un occhio. E per giunta con l’aggravante dell’odio razziale e delle frasi razziste. Un 19enne barese è finito ai domiciliari con l’accusa di lesioni personali pluriaggravate nei confronti della vittima, un 24enne italiano di origini senegalesi. Lo avrebbe colpito con calci e pugni, agendo per futili motivi, e denigrandolo “per il colore della pelle”, si legge negli atti, e minacciandolo con espressioni tipo “meglio che te ne vai, negro” e “devi andare via sporco negro, altrimenti ti uccido”, alzando la voce e umiliandolo dinanzi ai suoi amici». Il ventiquattrenne, si legge ancora nel provvedimento del gip, è stato “prima spintonato, poi guardato con disprezzo e successivamente anche nel corso del pestaggio appellato come ‘negro’, espressione chiara di un sentimento di discriminazione e disprezzo razziale”.
“Sentimento evidentemente condiviso anche da alcuni appartenenti al gruppo”, presenti all’episodio di violenza. Ed è proprio per aver commesso gli atti in un luogo pubblico, alla presenza di minori, “davanti ai quali il gesto doveva avere anche valenza dimostrativa circa la ‘superiorità’ dell’agente e della razza di appartenenza”, che rende il presunto accadimento più grave anche emotivamente, secondo il giudice per le indagini preliminari. L’episodio sarebbe avvenuto infatti alla presenza di altri giovani, due amici della vittima e alcune ragazze che erano in compagnia del 19enne, alcune delle quali avrebbero “cercato di fermarlo, altre si sarebbero unite agli insulti, dicendo ‘vattene da qui negro, vattene al paese tuo'”. L’arrestato avrebbe prima guardato “insistentemente e in malomodo” il 24enne, poi lo avrebbe minacciato e insultato, quindi colpito con un primo pugno facendolo cadere a terra e poi continuando a picchiarlo con pugni e calci.
A incastrare il 19enne le immagini delle telecamere di videosorveglianza, i profili social dei soggetti coinvolti e le dichiarazioni di alcuni testimoni.
Stefania Losito