Il giudice per le indagini preliminari di Milano, Fabrizio Filice, ha convalidato il fermo e disposto la custodia cautelare in carcere per Alessia Pifferi, la 37enne accusata di aver abbandonato in casa da sola per più di sei giorni la figlia Diana, di 18 mesi, facendola così morire di stenti. Il reato contestato è omicidio volontario nella forma omissiva aggravato dai futili motivi. Il giudice ha dunque escluso l’aggravante della premeditazione contestata dalla Procura.
La donna, secondo il gip, non si è limitata a prevedere e accettare il rischio che la piccola morisse, ma l’ha voluto “pur non perseguendolo come suo scopo finale”. Alessia Pifferi, si legge nel provvedimento, per paura e orgoglio non ha nemmeno chiesto aiuto alla sorella, che secondo il giudice avrebbe potuto “in qualsiasi momento andare nel suo appartamento a soccorrere la figlia”. La donna, ha aggiunto il giudice, aveva una “forma di dipendenza psicologica dall’attuale compagno, che l’ha indotta ad anteporre la possibilità di mantenere una relazione con lui anche a costo dell’inflizione di enormi sofferenze” alla bambina. La donna è considerata dal giudice “incline alla mistificazione e alla strumentalizzazione degli affetti” e non ha “rispetto per la vita umana”.
Durante l’interrogatorio la donna aveva tentato di giustificare il proprio comportamento con la volontà di avere un futuro con il proprio compagno. “Io ci contavo”, aveva dichiarato la donna, “e infatti era proprio quello che in quei giorni stavo cercando di capire. È per questo che ho ritenuto cruciale non interrompere quei giorni in cui ero con lui anche quando ho avuto paura che la bambina potesse stare molto male o morire”. “Oltre il terzo giorno che la bambina era da sola non ero tranquilla”, aveva aggiunto Alessia Pifferi, “ma forse ha prevalso la mia stanchezza che mi portavo dentro perché sono una ragazza madre, nessuno mi aiutava ed era molto pesante”.
Vincenzo Murgolo