“Noi eravamo una vera e propria industria musicale, abbiamo iniziato nel ’94 a fare i primi concerti quando eravamo molto giovani, a scrivere musica e organizzare gruppi. Ognuno aveva le sue mansioni: io mi occupavo di orchestrare, di sistemare la parte musicale e lui scriveva l’arrangiamento, abbiamo sempre lavorato insieme”. Parla Emanuele Urso, 37 anni, clarinettista e leader della band “Eu The King of Swing”, che assieme a suo fratello Adriano pianista, e’ uno dei protagonisti della scena jazz romana. Hanno ereditato la loro passione dal padre, contrabbassista e liutaio, che in passato ha accompagnato
i piu’ grandi jazzisti americani che passavano da Roma, da Chet Baker a Dexter Gordon.
Adriano aveva 41 anni ed è morto lo scorso 10 gennaio per un infarto che ha avuto mentre stava effettuando una consegna per la multinazionale del cibo a domicilio Just Eat. L’auto si era fermata e Adriano aveva provato a farla ripartire a spinta, lo sforzo sembrerebbe aver provocato l’attacco di cuore. La sua morte e’ diventata il simbolo di come il Paese si sia scordato, nell’emergenza Covid, degli artisti e dei musicisti.
“Noi siamo stati fermi dal 9 marzo a meta’ luglio. All’inizio l’abbiamo presa bene perche’ una pausa dopo tanti anni di un lavoro non esistono domeniche ne’ vacanze ci poteva stare, – ha raccontato Emanuele -. Poi c’e’ stata una parentesi estiva in cui abbiamo lavorato tantissimo, facevamo tre concerti a settimana.
Eravamo molto felici, non ci aspettavamo che in ottobre sarebbe successo di nuovo”.
La Eu The King of Swing aveva gia’ 30 concerti fissati fino a gennaio, tutti saltati per le restrizioni anticovid. “Questa chiusura nuova e’ stata il colpo di grazia per Adriano – continua il fratello -, ci aveva sperato, gia’ non suonare quattro mesi erano molti per un musicista”.
Adriano aveva provato ad usare la sua laurea in Farmacia per essere di aiuto, ma non ha trovato nulla e allora ha iniziato a fare le consegne per Just Eat. Da meno di un mese aveva iniziato il periodo di prova e negli ultimi giorni aveva un dolore al petto, ma era convinto che fossero dolori reumatici, l’11 gennaio avrebbe dovuto avere una visita, ma il 10 notte e’ morto. “Se non fosse andato a lavorare quella sera forse non sarebbe successo, chi lo sa”, sospira il fratello.
Poi Emanuele aggiunge: “Adriano era arrabbiato per come erano state gestite le cose: il lockdown, poi di nuovo i concerti e poi di nuovo tutti a casa, in particolare loro, i musicisti. Questa categoria non e’ stata minimamente considerata. Mi ricordo che durante il lockdown sentivamo i discorsi del presidente del Consiglio, non si parlava mai di artisti o di musicisti e questo ci faceva molto male. Nonostante questo dolore spero che quello che e’ successo a mio fratello possa davvero cambiare le cose”.
La famiglia e gli amici di Adriano guardano al futuro, nonotamte il dolore, e stanno gia’ pensando ad un’associazione culturale a suo nome che possa iniziare a fare questo cambiamento e soprattutto possa portare avanti la sua musica.
Angela Tangorra