Il cuore dell’album è nel Salento, dove Daniele Silvestri lo ha pensato, levigato, ritoccato, creato. “Acrobati” è “la cosa più bella che ho fatto”, dice. Conta 18 canzoni, un distillato visto che ha lavorato su 40 tracce. Roba che non attenderemo molto per il suo prossimo anno. Silvestri è eccitatissimo. Dopo l’esperienza con Gazzè e Fabi ha ritrovato – racconta – la libertà degli inizi, quella libertà che ora a 47 anni ho imparato a usare, e che a 24, quando ho iniziato, forse non mi rendevo conto di avere. E’ il momento per percorrere strade nuove”. Silvestri spiega cosa significa “Acrobati”: “Oltre al fatto che Acrobati è nato in maniera acrobatica, da uno smartphone pieno di appunti, descrive bene la condizione umana attuale: siamo funamboli alla ricerca di un equilibrio, politico, sociale, emotivo. Un equilibrio tra la gestione quotidiana delle nostre vite e la necessità, spesso frustrata, di avere delle prospettive, in un mondo che di prospettive ne offre poche. Siamo sospesi nel vuoto senza rete”.
A cinque anni dall’uscita di “S.C.O.T.C.H.”, Silvestri non scommette né si gioca tutto. Ha già vinto. L’entusiasmo smisurato che prova già contagia e incuriosisce. Non mancano nell’album i riferimenti all’attualità, come la citazione del Bataclan, il locale parigino teatro dal sanguinoso attacco dei terroristi: “La strofa su Parigi c’era già, mi e’ sembrato naturale inserirlo. La canzone vuole prescindere dai luoghi usati in contrapposizione. Da uomo, ma forse ancora più da musicista per quel che significa per noi il palco e quella sorta di liturgia che è un concerto, sono stato colpito da quell’onda di violenza”.
Al disco hanno collaborato: Caparezza, Diodato, Dellera, i Funky Pushertz e Diego Mancino.
Maurizio Angelillo