Sono 109 le donne vittime di violenza morte dall’inizio dell’anno, l’8% in più rispetto all’anno scorso, 63 per mano del partner o dell’ex. L’ultima vita interrotta è quella di Juana Cecilia Loayza, 34 anni, uccisa, venerdì notte, in un parco a Reggio Emilia, da un recidivo. “Troppe le donne uccise, troppe le richieste di aiuto non adeguatamente e tempestivamente raccolte. Una vergogna della nostra civiltà”, ha detto il ministro della Giustizia, Marta Cartabia. Dal Governo arriva la consapevolezza di un sistema che non sta funzionando. Nella Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne il Governo sta pensando a nuove misure. “La gravità dei fatti – dice Cartabia – chiamano le istituzioni a ripensare norme e procedure più adeguate”: la violenza di genere non si corregge “solo a colpi di leggi”, ma le leggi servono. Il pacchetto cui lavorano cinque ministri e che dovrebbe arrivare sul tavolo del Governo la prossima settimana, punta a interventi sul codice penale e di procedura penale per rafforzare gli strumenti di prevenzione: quindi aumento di pena per i delitti di percosse e le lesioni e procedibilità d’ufficio. Come sollecitato anche dalla Commissione d’inchiesta sul femminicidio, presieduta da Valeria Valente, nella sua relazione, infatti, tra la criticità segnalate, “c’è una non infrequente sottovalutazione della violenza riferita o denunciata dalla donna”, in alcuni dei casi considerati le forze di polizia, “evidentemente non distinguendo” tra violenza domestica e lite familiare “si sono
limitate a “calmare gli animi”. E anche quando c’è la presa in carico, “le soluzioni adottate – di fatto – penalizzano le
vittime (anche minorenni), ad esempio prevedendone il collocamento in case rifugio”. E “la durata dei procedimenti (penali, civili e minorili) è eccessiva”. Occorre rendere più effettive le misure per rendere più efficace l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinamento alla vittima, “perché troppe volte la violazione di queste prescrizioni si rivela fatale”. Quindi con il Viminale si sta studiando l’estensione dell’utilizzo del braccialetto elettronico, e nel caso di rifiuto potrebbero scattare gli arresti domiciliari. Si lavorerà, ha assicurato, sulla “formazione e specializzazione” sia dei pm che dei giudici, “chiamati a prendere difficili decisioni sulla base del rischio e della pericolosità del soggetto”.
In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, l’app Youpol della Polizia di Stato, ha implementato le sue funzionalità con una chat che la sala operativa ricevente può attivare con la/il segnalante e la possibilità di scambiare anche file multimediali, come immagini, video e audio. Tutto questo consente all’operatore di polizia di avere in tempo reale un quadro il più completo possibile della situazione, per interventi pù tempestivi e una tutela più efficace della vittima.
Tra le novità dell’applicazione, che ha registrato 1.869 segnalazioni sull’intero territorio nazionale dalla sua implementazione avvenuta il 28 marzo 2020, c’è la possibilità, per chi la usa, di nascondere l’attività svolta con l’app. Una funzionalità pensata, come spiega la Polizia di Stato, principalmente per le vittime di violenza di genere, per evitare il rischio che la loro segnalazione venga scoperta da chi, come il maltrattante, controllasse lo smartphone.
Youpol, dedicata anche alle segnalazioni di episodi di spaccio di droga e di bullismo, offre inoltre la possibilità di
segnalare in forma anonima, e di chiamare tramite l’app il numero unico di emergenza 112 (NUE 112) o, nelle zone dove non è ancora attivo, il numero 113 della Polizia di Stato. E’ gratuita e scaricabile sia su sistemi IoS che Android.
Stefania Losito