Proseguiranno i trasferimenti dei migranti nei centri in Albania, pur con qualche modifica nei criteri. Il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto-legge che introduce disposizioni urgenti in materia di procedure per il riconoscimento della protezione internazionale, rendendo norma primaria l’indicazione dei Paesi sicuri per il rimpatrio. Dall’elenco di 22 Paesi, aggiornato a maggio, non compaiono più Nigeria, Camerun e Colombia. Nel comunicato di Palazzo Chigi si legge che “tenuto conto dei criteri di qualificazione stabiliti dalla normativa europea e dei riscontri rinvenuti dalle fonti di informazione fornite dalle organizzazioni internazionali competenti, sono considerati come Paesi di origine sicuri i seguenti: Albania, Algeria, Bangladesh, Bosnia-Erzegovina, Capo Verde, Costa d’Avorio, Egitto, Gambia, Georgia, Ghana, Kosovo, Macedonia del Nord, Marocco, Montenegro, Peru’, Senegal, Serbia, Sri Lanka e Tunisia”.
Il giudice non potrà più disapplicare la norma, “ma se la ritiene incostituzionale può fare ricorso alla Consulta”. Resta acceso lo scontro fra governo e magistratura, infiammatosi negli ultimi giorni proprio in seguito alle decisioni del
Tribunale di Roma che hanno di fatto svuotato il centro per migranti appena aperto in Albania. “Magistrati politicizzati che vogliono fare opposizione”, è la linea della maggioranza. “Finché avremo il sostegno dei cittadini – ha affermato Meloni in un tweet – continueremo a lavorare con determinazione, a testa alta, per realizzare il nostro programma e aiutare l’Italia a crescere, diventare forte, credibile e rispettata. Lo dobbiamo agli italiani, a chi ci ha scelto e a chi, pur non avendo votato per noi, spera che facciamo bene il nostro compito. Al lavoro, senza sosta, senza paura”.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, risponde ai giornalisti al termine del consiglio dei ministri. In particolare, a chi gli chiede se i giudici possano disapplicare la norma prevista dal nuovo decreto, risponde: “Nel momento in cui l’elenco dei Paesi sicuri è inserito in una legge, il giudice non può disapplicarla. Tenderei ad escludere che possa disapplicarla. A maggior ragione questa sentenza della Corte di giustizia europea non è una direttiva e non è vincolante in via generale astratta, ma mette dei paletti rigorosi in relazione ad un caso estremamente bizzarro e sul quale ha posto quei requisiti al fine dell’eventuale estensione del concetto di Stato non sicuro, che però deve essere motivato”. Il ministro, a proposito della sentenza del Tribunale di Roma, aggiunge che la sentenza della Corte di
giustizia europea citata dalle sentenze di Roma, “molto complessa e articolata e anche scritta in francese, probabilmente non è stata ben compresa o ben letta” dai giudici.
La lista dei Paesi sicuri, dunque, “diventa norma primaria e consente ai giudici di avere un parametro rispetto ad un’ondivaga interpretazione”, spiega il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, certo che la nuova norma serva a “dirimere un’annosa questione: serve a cercare un’accelerazione della procedura, per fare in modo che il ricorso alla richiesta di protezione non sia per la gran parte strumentalizzato per eludere il sistema delle espulsioni”.
Intanto le operazioni di trasporto dei migranti in Albania procederanno e Piantedosi replica alle critiche sui costi sollevate anche dal M5s che ha presentato un esposto alla Corte dei conti. “Ma quanto ci costa – chiede il ministro –
distribuire i migranti tutti i giorni da Lampedusa a Pozzallo o Porto Empedocle? E quanto ci costa il sistema di accoglienza? Il Viminale spende ogni anno 1,7 miliardi di euro per dare assistenza a persone che per il 60-70% dei casi sono destinate a vedersi bocciata la domanda di asilo”.
Stefania Losito