Per il 2023 si stima che abbiano tirato su la saracinesca poco più di 20mila negozi in Italia, l’8% in meno del 2022 e il numero più basso degli ultimi dieci anni: nel 2013 erano state oltre 44mila, più del doppio. Sono i dati forniti dall’Osservatorio Confesercenti. Sono sempre meno le aperture di nuovi negozi. “Caro-vita, rallentamento dei consumi e concorrenza della grande distribuzione e del web non accelerano solo le chiusure di imprese nel commercio, ma fanno crollare anche le nuove nascite – spiega il sindacato – una crisi di denatalità che ha falcidiato il tessuto commerciale e che, senza un’inversione di tendenza, è destinata a continuare: secondo le nostre stime, il numero annuale di iscrizioni di imprese nel commercio dovrebbe scendere a poco più di 20mila già quest’anno, per arrivare a
circa 11mila nel 2030″.
“Il Governo punta giustamente ad arginare il calo demografico adottando provvedimenti a favore delle famiglie”, commenta Confesercenti. “Una situazione simile di denatalità interessa, però, anche il mondo delle attività economiche. Occorre adottare provvedimenti per rigenerare il tessuto commerciale senza il quale assisteremmo ad un drammatico impoverimento dell’economia e della qualità della vita delle nostre città”.
Il crollo delle nascite riguarda quasi tutte le tipologie di commercio in sede fissa, con cali particolarmente rilevanti per
i negozi di articoli da regalo e per fumatori (-91%, -1.293 nuove aperture rispetto al 2013), per i gestori carburanti
(-80%, 441 aperture in meno), per edicole e punti vendita di giornali, riviste e periodici (-79%, pari a -625 aperture). Va
male anche per i negozi di tessile, abbigliamento e calzature, che nel 2023 dovrebbero registrare solo 2.167 iscrizioni di
nuove attività, -3.349 rispetto a dieci anni fa. E con la progressiva riduzione della rete di negozi, anche gli intermediari del commercio perdono pezzi: per il 2023 si prevedono solo 9.306 nuove iscrizioni, quasi la metà delle 18.149 del 2013. Tra le attività del commercio, le nascite di imprese aumentano solo nel commercio via internet, che vede esplodere le iscrizioni rispetto a dieci anni fa (6.427 quest’anno, il 188% in più). Ma è un numero assolutamente insufficiente a compensare il calo di natalità complessiva del settore (-23.320 rispetto al 2013).
Soffre anche il commercio ambulante: quest’anno il comparto dovrebbe registrare solo 3.626 nuove imprese, con un crollo di -9.377 attività rispetto al 2013 mentre nessuna regione sfugge alla riduzione di nuove imprese del commercio. Questo è vero soprattutto nel Lazio (-11%) e Sardegna, Campania e Sicilia (tutte a -10% rispetto al 2022). Nel confronto decennale, invece, la denatalità peggiore, in proporzione, è registrata dal Piemonte (-70% rispetto al 2013, pari a 3.201 aperture in meno). Seguono, in questa classifica negativa, la Sardegna (-67%, pari a -852 aperture), il Lazio (-62%, -2.784 neoimprese), la Sicilia (-61%, -2.360 iscrizioni). Se invece guardiamo al numero assoluto delle nuove aperture, sempre rispetto al 2013, è la Campania a registrare il calo più consistente (-4.421 nuove imprese rispetto al 2013), seguita da Piemonte (-3.201), Lazio (-2.784), Sicilia (-2.360), Lombardia e Veneto (rispettivamente -2.325 e -2.088).
Stefania Losito