La riforma del processo penale è legge. Il Senato l’ha approvata con 177 sì e 24 no. Il provvedimento, così come quello sulla riforma civile, sono le condizioni poste dall’Unione europea per erogare i fondi del Recovery Plan. L’obiettivo è il taglio del 25% dei tempi dei processi.
Via libera, dunque, all’improcedibilità che non prescrive il reato ma azzera il processo che sfora i limiti prefissati e varrà per tutti i reati commessi dopo il primo gennaio 2020. La riforma, che entra in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge, andrà però a regime nel 2025. In buona sostanza, stabilisce che, in appello, i processi possono durare fino a 2 anni di base, più una proroga di un anno al massimo. In Cassazione, un anno di base, più una proroga di sei mesi. In ogni caso, per i primi 3 anni, entro il 31 dicembre 2024, i termini saranno più lunghi per tutti i processi per permettere agli uffici di adeguarsi. Nella fase transitoria i termini dei processi ordinari saranno più lunghi, con la possibilità di prorogarli fino a 6 anni in totale, tra Appello e Cassazione. Ogni proroga però dovrà essere motivata dal giudice con ordinanza, sulla base della complessità del processo, per questioni di fatto e di diritto e per numero delle parti. Contro l’ordinanza di proroga, sarà possibile presentare ricorso in Cassazione. Di norma, è prevista la possibilità di prorogare solo una volta il termine di durata massima del processo. Si fa eccezione per alcuni reati gravi come l’associazione di stampo mafioso, il voto di scambio politico-mafioso, il terrorismo, le violenze sessuali e l’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, rinnovabili all’infinito.
Stefania Losito