“La moda passa, lo stile resta”, Myss Keta, di cui esce oggi un EP dal titolo ‘Il cielo non e’ un limite’, non ha paura di essere un personaggio di passaggio. Il nuovo album segue un concept specifico che in una intervista spiega con queste parole e, come e’ ormai sua abitudine, parlando di se stessa in terza persona: “e’ una costruzione sfaccettata dell’interiorita’ di Myss che corrisponde a un mondo contemporaneo molto sfaccettato. Nel senso che quello che voglio raccontare fondamentalmente e’ quello che vedo succedere e come mi calo io nel mondo contemporaneo, come lo vivo io.”. Tematiche sociali dunque, espresse da dietro una mascherina, prima suo marchio distintivo, oggi accessorio diventato intimo per tutta la popolazione mondiale: “Sono molto contenta perche’ questo fa si che viviamo in un mondo responsabile e che tende a proteggere la propria comunita’. E’ ovvio che io che non ho un rapporto con la mascherina solo dal punto di vista sanitario, ma per me e’ anche una maschera teatrale, quindi la vivo anche dal punto di vista artistico”. Fin dall’esordio sono stati in tanti a chiedersi chi si celasse dietro quella mascherina diventata
ormai non solo un modo come un altro per nascondere la propria identita’ ma un vero e proprio simbolo, un femminismo 2.0 ma, come ci spiega riguardo la situazione della donna in Italia oggi, all’indomani dell’elezione della prima vicepresidente donna della storia degli Stati Uniti, ragionato: “Mediaticamente
credo si sia accesa una luce, un faro sulla tematica dell’uguaglianza, sulla tematica del rispetto ed e’ un faro che tocca anche la parte maschile, riguarda anche un certo tipo di stereotipi maschili che hanno fatto male a tante persone che li hanno dovuti subire in questi anni. Secondo me la lotta che si sta facendo in questo momento di liberazione della donna e’ in realta’ una lotta per la liberazione di tutti”.
Un pensiero infine ai lavoratori dello spettacolo e al rapporto complesso che si sta instaurando tra artisti e governo: “In questo momento di lockdown non credo si possa fare molto di diverso, sinceramente mi e’ dispiaciuto vedere una mancanza di attenzione verso un universo culturale che e’ un’industria che
comprende tante persone che sono state quasi ignorate. Io lo dico da artista, si e’ preferito non pensare alle modalita’ corrette per aprire sale da concerti e teatri ma a chiuderle in maniera immediata, ecco secondo me come abbiamo provato a muoverci in maniera corretta seguendo i dettami imposti dall’emergenza sanitaria verso altri tipi di commerci, potevamo avere la stessa attenzione verso l’industria culturale. Capisco che abbiamo a che fare con una pandemia mondiale ma l’arte e la cultura ci portano ad essere quello che siamo come societa’ e come esseri umani. Ho sentito molto questa mancanza e mi ha
particolarmente colpita”.
Angela Tangorra