
L’energia elettrica costa di più per le piccole e medie imprese italiane, che costituiscono il 95% delle attività economiche presenti nel Paese e il 42% circa degli addetti, rispetto alle grandi aziende. A dirlo è l’ufficio studi della Cgia di Mestre, secondo cui nel primo semestre del 2025 le piccole e medie imprese hanno pagato l’energia elettrica oltre due volte e mezzo in più (+164,7%) rispetto alle grandi aziende. Per gli artigiani, i piccoli commercianti e le piccolissime imprese con consumi inferiori a i 20 MWh annui il costo ha raggiunto i 348,3 euro/MWh. Le grandi imprese, i cui consumi oscillano tra i 70mila e i 150mila MWh annui, il costo è stato di 131,6 euro/MWh.
Rincari, quelli delle tariffe, che si ripercuotono anche sulle famiglie, con quasi due milioni e mezzo di nuclei in povertà energetica. Nel 2023 erano oltre cinque milioni le persone che vivevano in abitazioni poco salubri, scarsamente riscaldate d’inverno, poco rinfrescate d’estate, con livelli di illuminazione scadenti e con un utilizzo molto contenuto dei principali elettrodomestici.
A livello territoriale, la percentuale di famiglie in povertà energetica è più alta in Calabria (19,1%, quasi 349mila persone). Completano il podio la Basilicata (17,8%) e il Molise (17,6%). Seguono Puglia (17,5%), Sicilia (14,2%). Le regioni meno interessate da questo fenomeno sono invece Lazio (5,8%), Friuli Venezia Giulia (5,6%), Umbria e Marche (4,9%).
Vincenzo Murgolo