“Il Servizio sanitario nazionale costituisce una risorsa preziosa ed è pilastro essenziale per la tutela del diritto alla salute, nella sua duplice accezione di fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”. L’ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione della presentazione, nella Sala Capitolare del Senato, del settimo Rapporto sul Servizio Sanitario Nazionale della Fondazione Gimbe
“La sua efficienza – ha proseguito il capo dello Stato nel suo messaggio di apertura dei lavori – è frutto delle risorse dedicate e dei modelli organizzativi applicati, responsabilità, quest’ultima, affidata alle Regioni”.
“Il Rapporto che la Fondazione Gimbe pubblica periodicamente rappresenta un prezioso spaccato di analisi sulle condizioni e i problemi della sanita’ in Italia – prosegue Mattarella – l’edizione di quest’anno, dedicata alle criticita’ del sistema sanitario, acquisisce un interesse particolare, ponendosi come sollecitazione all’applicazione dei principi di universalita’ e uguaglianza sanciti dalla Costituzione”.
La Fondazione Gimbe delinea un quadro desolante: la spesa per la salute pagata di tasca propria dalle famiglie italiane vede una impennata del 10,3% nel solo 2023 e sono quasi 4,5 milioni le persone che, nello stesso anno, hanno rinunciato alle cure. Questi numeri, uniti alle diseguaglianze regionali e territoriali, alla migrazione sanitaria e ai disagi per i tempi di attesa e i pronto soccorso affollati “dimostrano che la tenuta del Servizio sanitario nazionale è prossima al punto di non ritorno”.
Rispetto al 2022, nel 2023 i dati Istat documentano che l’aumento della spesa sanitaria totale (+4.286 milioni di euro)
è stato sostenuto esclusivamente dalle famiglie come spesa diretta (3.806 milioni) o tramite fondi sanitari e assicurazioni (553 milioni), vista la sostanziale stabilità della spesa pubblica. “Le persone – spiega il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta – sono costrette a pagare di tasca propria un numero crescente di prestazioni sanitarie. Una situazione in continuo peggioramento”. La spesa ‘out-of-pocket’, ovvero quella pagata direttamente dai cittadini, che nel periodo 2021-2022 ha registrato un incremento medio annuo dell’1,6% (+5.326 di euro in 10 anni), nel 2023 si è impennata aumentando del 10,3% (+3.806 milioni) in un solo anno. A questo si aggiunge il fatto che, secondo l’Istat, nel 2023, 4,48 milioni di persone hanno rinunciato a visite specialistiche o esami diagnostici per diversi motivi di cui 2,5 milioni per motivi economici, quasi 600.000 in più dell’anno precedente.
“A questo si aggiungono i tagli sulla prevenzione: rispetto al 2022, nel 2023 si riduce di ben 1.933 milioni (-18,6%), anche se tagliare oggi sulla prevenzione avrà un costo altissimo in termini di salute negli anni a venire. Numeri che mostrano” – spiega ancora Cartabellotta – come princìpi fondanti di universalismo, equità e uguaglianza sono stati ormai traditi e che si sta lentamente sgretolando il diritto costituzionale alla tutela della salute, in particolare per le
fasce socio-economiche più deboli”.
Questo va di pari passo a una “crisi del personale sanitario senza precedenti”, aggiunge Cartabellotta. Turni massacranti, burnout e basse retribuzioni stanno portando a un progressivo abbandono: secondo la Fondazione Onaosi tra il 2019 e il 2022 la sanità pubblica ha perso oltre 11.000 medici per licenziamenti o conclusione di contratti e Anaao-Assomed stima ulteriori 2.564 abbandoni nel primo semestre 2023. Il peggio riguarda il personale infermieristico. Con 6,5 infermieri ogni 1.000 abitanti, l’Italia è ben al di sotto della media Ocse (9,8).
Stefania Losito