Claudio Baglioni, direttore artistico di Sanremo 2018, parla per la prima volta ai giornalisti e racconta come e perché ha deciso di fare il festival e confessa: ” Non ho dormito a lungo, prima di essere pronto ad accettare questo incarico. Per tre volte non lo sono stato. Avevo paura: di non essere all’altezza, di avere pochissimo tempo, di dovere affrontare qualcosa più grande di me come fa il cavallerizzo che pensa di dominare il cavallo, ma intanto ha le gambe arcuate, e quello gli ha modificato la postura. Sanremo è un cavallo. Se ci sali sopra rischi di uscirne con le gambe disastrate o disarcionate”.
Con Sanremo Baglioni ha sempre avuto a che fare, pur non essendo mai stato in gara: “Per me è la chiusura di un cerchio. Nel 1969, quando ho fatto il mio primo tour internazionale non essendo forse ancora neanche nazionale, in Polonia portavamo un repertorio di canzoni popolari italiane. Quella che andava per la maggiore era: “Gobbo tu’ padre, Gobba tu madre, Gobba la figlia della sorella, era gobba pure quella, la famiglia dei Gobbon…”». Sette bis. Un successo che neanche quando facevamo Yesterday. Ne uscivamo piegati in due. In tutti i sensi. Ci presentavamo come i Sanremo Six”.
Pressioni ne ha avute per accettare qualcuno al suo festival? Con ironia Claudio risponde che: “Le chiamerei piuttosto “sollecitazioni”. Ho ricevuto la telefonata anche di un vescovo, di un ex ministro. Di Papa Francesco? Non ancora. Forse arriverà per gli ospiti internazionali.”
L’ironica è diventata compagna di viaggio di Claudio strada facendo e la usa anche per raccontare che se dovesse andare male ha un piano b: “Andrà tutto bene. Ma se invece dovesse andare male, ricordo a tutti che sono un architetto. Ma di quelli laureati seri, non al Cepu. Iscritto all’albo in tarda età dopo essere stato uno studente lavoratore. Quindi se a casa avete un bagnetto da spostare, io sono abilitato, e disposizione”.
Subito dopo aver reso noto l’elenco dei 20 big che saranno in gara all’ariston sono fioccate le polemiche perché non ci sono abbastanza donne: “Ce ne sono poche in gara? Bisogna fabbricarne un po’ di più. Non solo nella musica pop e rock. Nell’arte in genere”.
Tornando alla gara e alle scelte fatte ammette: “Il mio numero di cellulare è sempre lo stesso, da 15 anni. Questo significa che le insolenze me le becco tutte. E che stanotte, quando abbiamo annunciato i Big, io l’abbia passata a mandare messaggi a tutti gli altri fuori dai 20, quelli che non ce l’hanno fatta, con su scritto il mio “Mi dispiace”. Sarò stato anche paraculo, ma almeno me la sono cavata con me stesso, con le crisi di coscienza».
Claudio ha già compiuto la sua prima rivoluzione: “Nella gara che ci sarà, ho “eliminato il concetto di eliminazione”. Anche qui, l’ho fatto per evitarmi l’imbarazzo di dovere dire: “Ti ho voluto, convinto, ora vai in albergo e fai le valigie”. Non esiste in nessun concorso. Arrivo proprio in questa edizione, la numero 68. Il Sessantotto fu l’ultimo anno in cui tutto il mondo sognò che il futuro sarebbe potuto essere diverso, migliore. Fu un sogno ingenuo e utopistico. Il ’68 è curiosamente un numero guida. Il mio pass qui – coincidenza – non è il numero 1, come quelli che conservo di tutti i concerti. Ma ’68. Magari è un segnale. Ci attacchiamo a tutto!”
Angela Tangorra