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I bambini pugliesi 17mila anni fa avevano gli occhi azzurri

I geni suggeriscono che avessero anche pelle d’ebano e capelli ricci e scuri

Com’erano fatti i bambini al Sud 17.000 anni fa? Uno studio condotto da un gruppo di ricerca internazionale guidato dalle Università di Firenze, Bologna e Siena ha consentito di ricostruire la storia biologica di un bimbo vissuto in Puglia durante il Paleolitico Superiore. La ricerca è partita da resti scheletrici rinvenuti dall’Università di Siena alla fine degli anni ’90 nel sito archeologico di Grotta delle Mura a Monopoli, nel Barese, tra “i pochi scheletri infantili del Paleolitico Superiore così ben preservati”, spiega l’ateneo fiorentino. La ricerca, pubblicata sulla rivista Nature Communications, ha “permesso di ricostruire con elevata precisione lo sviluppo e le caratteristiche biologiche” di un bambino, “morto all’età di 16 mesi e mezzo” e ha portato “alla ricostruzione del genoma più antico in Italia, rivelando significativi cambiamenti nella popolazione dell’Italia meridionale alla fine dell’ultimo massimo glaciale”.
L’approccio multidisciplinare delle più innovative metodologie di analisi ha combinato studi antropologici tradizionali con paleogenomica, paleoistologia dentale, analisi geochimiche ad alta risoluzione spaziale e datazione al radiocarbonio.

La Grotta delle Mura è una caverna, ora inaccessibile per svariati crolli avvenuti negli anni e messa in sicurezza dalla Soprintendenza, fu scoperta nel 1952 dallo speleologo Franco Anelli (scopritore delle Grotte di Castellana, ndr), che trovò diversi reperti.

“I geni suggeriscono che avesse occhi azzurri, pelle d’ebano e capelli ricci e scuri, un mix di caratteri piuttosto frequente nelle popolazioni dell’Europa centrale e sud-occidentale del periodo. Inoltre, l’analisi genetica ha evidenziato una stretta parentela tra i genitori del bambino, suggerendo che fossero probabilmente cugini di primo grado, un fenomeno riscontrato di rado nel Paleolitico, più comune nel Neolitico”, spiega Alessandra Modi dell’Università di Firenze, coautore della ricerca con Owen A.Higgins dell’Ateneo di Bologna dove sono state condotte le analisi istologiche.
Quest’ultime hanno esaminato in dettaglio lo sviluppo dentale attraverso la realizzazione di sezioni sottili di due denti e l’osservazione della loro microstruttura al microscopio, rivelando, spiega Higgings, “uno sviluppo leggermente più
precoce rispetto alla media delle popolazioni europee moderne e almeno nove episodi di stress fisiologico, tre dei quali durante la vita intrauterina. La presenza di un alto numero di marcatori di stress è coerente con i risultati genetici, che suggeriscono che il bambino fosse probabilmente affetto da cardiomiopatia ipertrofica, malattia cardiaca congenita associata a morte improvvisa nei giovani”. Analisi geochimiche ad alta risoluzione spaziale sempre sui denti al Fierce a Francoforte hanno poi indicato che la madre aveva una bassa mobilità negli ultimi mesi di gravidanza e che l’infante è nato e vissuto nella stessa area.

Stefania Losito

(foto in copertina: @credit Luigi Landi)

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