E’ corretto l’uso del Tiopentone per il suicidio medicalmente assistito chiesto da Mario, 44 enne tetraplegico marchigiano che ha chiesto all’Azienda sanitaria Unica Regionale (Asur) di applicare la sentenza della Consulta Cappato-Dj Fabo. A deciderlo è stata una commissione multidisciplinare di esperti, istituita dall’Asur. Soddisfazione arriva dall’Associazione Luca Coscioni che parla di “una svolta storica”.
Già il comitato etico regionale delle Marche aveva dato il via libera all’applicazione della sentenza della Corte costituzionale, individuando in Mario le condizioni richieste. Mancavano la scelta del farmaco e le modalità di somministrazione.
Tutto è iniziato 15 mesi fa, quando Mario ha richiesto al tribunale di Ancona che l’Asur verificasse la sussistenza dei requisiti. Nello scorse settimane Mario aveva anche denunciato lo stesso Comitato e l’Asur Marche per il reato di tortura, oltre che per il reato di omissione di atti di ufficio e tutti gli ulteriori reati collegati che potessero configurarsi, “a causa dei continui ostruzionismi e omissioni, che si manifestavano sotto forma di mancate verifiche sul farmaco e le relative modalità di somministrazione”, fa sapere l’associazione Coscioni, che lo ha assistito. “Sul cosiddetto ‘aiuto al suicidio’, da oggi in Italia abbiamo non solo delle regole precise, stabilite dalla Corte costituzionale nella ‘Sentenza Cappato’, ma anche delle procedure e delle pratiche mediche definite che includono le modalità di auto-somministrazione del farmaco da parte del paziente”, hanno commentato la legale Filomena Gallo, codifensore di Mario e il segretario nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, e Marco Cappato, tesoriere dell’associazione.
“La validazione del farmaco e delle modalità di auto-somministrazione creano finalmente un precedente che consentirà a coloro che si trovano e si troveranno in situazione simile a quella di Mario di ottenere, se lo chiedono, l’aiuto alla morte volontaria senza dover più aspettare mesi subendo la tortura di una sofferenza insopportabile contro la propria volontà. Sarebbe ora grave – sottolineano – se il Parlamento insistesse a voler approvare delle norme, come quelle in discussione alla Camera, che restringono, invece che ampliare, le regole già definite dalla Corte costituzionale. E’ a questo punto ancora più importante che si possa tenere il referendum sul fine vita – concludono – che consentirebbe di eliminare la discriminazione nei confronti di coloro che devono essere aiutati da un medico per ottenere di porre fine alla propria vita senza soffrire – una possibilità oggi vietata perché si configura il reato di ‘omicidio del consenziente'”.
Stefania Losito