Il corpo di Alexei Navalny, il dissidente russo e più noto oppositore di Vladimir Putin, morto ieri all’età di 47 anni, non è nell’obitorio che era stato inizialmente indicato dalle autorità di Mosca. È quanto denunciato dai suoi collaboratori. La portavoce Kira Yarmysh, in particolare, ha accusato le autorità russe di “mentire” sulle cause della morte del blogger e attivista politico e di cercare di “fare di tutto per non consegnare il suo corpo”.
Navalny era in una cella di punizione della colonia penale nell’Artico, dove era stato trasferito lo scorso dicembre. La struttura si trova nella regione di Yamalo-Nenetsky, a 2mila chilometri da Mosca, nota per gli inverni lunghi e rigidi. Secondo l’ultima versione fornita dalle autorità russe, il decesso è avvenuto per una sindrome da morte improvvisa. Il corpo, a quanto si apprende, non sarà riconsegnato alla famiglia fino alla fine delle indagini. Secondo il giornale inglese, ‘The Guardian’, l’espressione “sindrome da morte improvvisa” indica varie sindromi cardiache che causano arresto cardiaco e morte.
Intanto i ministri degli Esteri dei Paesi che compongono il G7 si sono detti indignati e hanno chiesto alle autorità russe di “chiarire pienamente” le circostanze della morte di Navalny e di “porre fine all’inaccettabile persecuzione del dissenso politico, nonché alla repressione sistematica della libertà di espressione e all’indebita limitazione dei diritti civili”. Secondo l’organizzazione non governativa russa per i diritti umani Ovd-info, sono almeno 359 gli arresti in 32 città russe durante manifestazioni spontanee in memoria di Navalny.
A Roma è stata organizzata per lunedì pomeriggio una fiaccolata in memoria di Navalny. Parteciperanno le forze politiche di maggioranza e quelle di opposizione. Anche i sindacati hanno annunciato la loro presenza.
Vincenzo Murgolo