La centrale ha restituito la settima vittima e ora i familiari di Vincenzo Garzillo possono piangere il consulente di 68 anni, in pensione da un anno dopo una vita trascorsa all’Enel, l’unico disperso che i soccorritori non erano ancora riusciti a estrarre dall’impianto idroelettrico di Bargi esploso martedì pomeriggio. Vincenzo lo hanno trovato vicino alla turbina, al piano meno 9. Era alla sua postazione di lavoro, come al suo posto è stato trovato Alessandro D’Andrea, 37 anni, dipendente Voith. Sul suo corpo c’erano alcuni segni di bruciatura.
Allo stesso piano erano stati trovati in precedenza Adriano Scandellari, 57enne lavoratore di Enel Green Power, e Paolo
Casiraghi, 59enne tecnico della Abb. La loro postazione però era al piano meno 8. Un’ipotesi è che i lavoratori avessero tentato di fuggire, ma non è l’unica. È possibile che Scandellari e Casiraghi siano stati sbalzati dall’ottavo al nono piano,
attraverso il pozzo di aspirazione. O che, accortisi che qualcosa non andava, siano scesi ad avvertire i colleghi. Risposte che, forse, potranno arrivare dagli accertamenti e dalle perizie che verranno disposti dai magistrati per fare luce sulle cause della strage.
Il bilancio della strage alla centrale è di 15 persone coinvolte: sette morti, sette feriti (di cui cinque ricoverati, uno dei quali già dimesso) e un illeso. Tre ricoverati sono in condizioni critiche: Stefano Bellanova, 54 anni, è in rianimazione in prognosi riservata all’ospedale Maggiore di Parma, con ustioni, il 42enne ricoverato al Centro grandi ustionati dell’ospedale Bufalini di Cesena è stazionario, sedato e intubato mentre Sandro Busetto, 59 anni, è ricoverato a Pisa al reparto Grandi ustioni. Fuori pericolo di vita il 35enne Jonathan Andrisano, al Sant’Orsola di Bologna.
Potrebbero arrivare dal sistema Scada, una sorta di scatola nera delle centrali idroelettriche, alcune delle risposte alle tantissime domande su quali siano le cause della strage. Il sistema Scada ‘di supervisione e controllo’, come ha confermato l’ad di Enel Green Power Salvatore Bernabei è già in mano agli inquirenti. Recuperate le sette salme, le indagini, coordinate dal procuratore della Repubblica di Bologna Giuseppe Amato che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo e disastro colposo, possono dunque entrare nel vivo. Da oggi la centrale tornerà nella disponibilità di Enel, ad eccezione dei piani inferiori, che restano sotto sequestro e saranno, dai prossimi giorni, oggetto di sopralluoghi e indagini.
Sempre nei prossimi giorni, la procura nominerà i tecnici incaricati della perizia. La prima questione da affrontare sarà
individuare il punto esatto dal quale è partita l’esplosione che ha determinato l’incendio. Una delle ipotesi a cui si lavorerà è che il fuoco possa essere partito dall’alternatore, una macchina di 140-150 tonnellate che viaggia a 370 giri al minuto grazie a dei cuscinetti, unico punto in tutta la centrale dove c’è olio lubrificante. Ma restano, appunto, soltanto ipotesi, che dovranno essere approfondite e vagliate dal pool che comprenderà anche la squadra investigativa dei vigili del fuoco, oltre ai carabinieri.
Come già annunciato dalla procura, sui corpi dei sette tecnici morti non sarà fatta l’autopsia. Sono state invece eseguite le prime tre ispezioni esterne e gli esami post mortem, anche con tac ed esami tossicologici per provare a capire quali sostanze possano aver inalato, sulle salme dei primi tre operai estratti senza vita dalla centrale idroelettrica di Bargi, nel giorno dell’esplosione. Rilievi in base ai quali si ritiene di poter ricondurre all’evento, l’esplosione sommersa nell’impianto, la causa della loro morte. È il motivo per cui il procuratore non ha ritenuto di disporre le autopsie.
Infine sotto la lente della procura, che ascolterà anche tutti i testimoni, a cominciare dai tecnici che stavano lavorando in quel momento e che sono rimasti feriti, finirà anche la catena di appalti e subappalti che ha caratterizzato il lavoro di manutenzione della centrale. Per capire se, nei passaggi fra le varie aziende coinvolte, siano state rispettate tutte le normative sulla prevenzione degli infortuni, a cominciare dal numero delle persone che potevano essere presenti contemporaneamente nella centrale e se si è fatto tutto ciò che era ragionevolmente possibile per evitare che un incidente di questo tipo causasse un bilancio così pesante in termini di vite umane.
Terminati i soccorsi, sul lago di Suviana è stata avviata la fase due, quella che il direttore delle emergenze della Protezione Civile Luigi D’Angelo definisce “di recovery di tutta la struttura”: in sostanza andrà svuotata l’intera centrale
dall’acqua, che dal piano -9 ha ormai invaso anche il -7, mandando al massimo della potenza le pompe idrovore. Poi
scatterà la messa in sicurezza, visto che ci sono danni anche ai piani superiori. Infine si procederà con le perizie.
Stefania Losito