“Sì, sono stato io”. Così Antonio De Marco, 21 anni, studente di scienze infermieristiche di Casarano, ha confessato di essere il killer dei due fidanzati leccesi, Eleonora Manta e Daniele De Santis, uccisi una settimana fa a Lecce.
A carico di de Marco c’erano tutti gli indizi a cominciare dai bigliettini che sono stati trovati nel piazzale della palazzina del delitto. Nelle righe scritte dal ragazzo la follia che avrebbe voluto compiere: legare, torturare, uccidere i due ragazzi, concludendo la scena con una scritta sul muro e ripulendo il luogo del delitto con dei solventi.
De Marco, che studia scienze infermieristiche all’ospedale Vito Fazzi di Lecce, fino allo scorso agosto era coinquilino nell’appartamento della coppia, in una stanza presa in affitto e nei giorni successivi il delitto ha continuato a frequentare le lezioni come se niente fosse. Nessuno ha sospettato di lui fino a ieri pomeriggio quando a casa sua sono arrivati i carabinieri.
Le tracce dell’assassino si erano perse nel sottopasso di via Rudiae e ancora totalmente oscuro è il movente dell’omicidio.
Forti le parole del procuratore capo di Lecce, Leonardo Leone De Castris che ha detto: “La città di Lecce oggi esce da un incubo. Questa vicenda ci ha intimamente preoccupati: si tratta di una rarità nel panorama della criminologia penale che speriamo di approfondirenei prossimi giorni”. Il procuratore capo ha poi aggiunto che dagli elementi raccolti per le indagini emerge una “fortissima premeditazione”.
A confermare la premeditazione c’è il sopralluogo che l’assassino ha fatto i giorni prima del delitto. Agghiacciante il suo piano folle: i cinque foglietti trovati sul luogo del delitto raccontano il percorso da fare per evitare le telecamere, e modi e tempi del duplice delitto. La furia omicida lo ha portato ad architettare una strage di cui voleva che parlasse la città intera. «Dal materialerinvenuto nell’abitazione, comprese delle fascette “stringitubo” – ha confermato De Castris- riteniamo che l’omicidio doveva essere una rappresentazione anche per la collettività».
Fondamentale è stata l’analisi dei filmati delle teleca mere lungo il percorso, che hanno ripreso l’omicida all’arrivo in via Montello a volto scoperto e poi quando è andato via, con il capo coperto dal cappuccio della felpa.Ci sono volute poi perizie grafiche e di confronto tra la calligrafia del killer – quella deibigliettini persi nel cortile – e i suoi documenti acquisiti inprefettura e in Comune a Casarano. Ci sono poi state ulteriori indagini con metodi “tradizionali”: intercettazioni e pedina-menti, fino a stringere il cerchio e arrivare al fermo di ierisera. «Ci siamo attenuti unicamente ai dati tecnici e allo svi-luppo di elementi obiettivi – ha detto il procuratore – . Per questo abbiamo lavorato in quattro»
Due sono stati gli errori del killer: i bigliettini persi nel cortile del condominio e ritrovati dagli investigatori e i pezzi di guanti in lattice ritrovati tra le pozze di sangue dei fidanzati. Il terzo errore potrebbe essere stato quello di sottovalutare l’enorme presenza di telecamere della zona. Due condomini e un passante hanno visto il killer fuggire la sera del delitto e hanno chiamato i carabinieri alle 20:53.
L’assassino ha inferto 35 coltellate a lei che è stata uccisa davanti all’ingresso di casa e 25 a lui assassinato sulle scale di fronte. L’arma è un grosso coltello da sub. A stabilirlo è stato il medico legale analizzando la natura delle ferite: l’arma è liscia da una parte e seghettata dall’altra.
Angela Tangorra