Sono settanta le candeline che Christian De Sica spegnerà il 5 gennaio. E’ un compleanno importante per lui che calca le scene e i set da quasi 50. “Ho sempre avuto l’etichetta del figlio di papa’ e me la portero’ nella tomba – dice oggi sorridendo -. Ma posso assicurare che non e’ cosi’ e che mio padre, quando gli annunciai che volevo fare il suo stesso lavoro mi liquido’ con un lapidario ‘Sei pazzo'”.
Nato a Roma nel 1951 e’ il secondo figlio del grande De Sica e di Maria Mercader: i due si sarebbero potuti
sposare solo nel ’59 in Messico, ma considerati concubini per la legge italiana, dovettero aspettare il 1968 per regolarizzare a Parigi le nozze, cui segui’ il divorzio dalla prima moglie, Giuditta Rissone. Legatissimo al fratello maggiore, il musicista Manuel, al suo compagno di classe, Carlo Verdone e alla sorella Silvia di cui e’ “fidanzatino” fin dall’adolescenza, nel 1970 Christian De Sica si iscrive senza convinzione all’universita’ di lettere, ma preferisce guadagnarsi da vivere lavorando in un albergo in Venezuela dove la sera intrattiene gli ospiti come showman dilettante.
Del padre ha tutto: presenza fisica, bella voce tenorile, simpatia contagiosa, talento da attore. Dal fratello ha ereditato la passione per la musica ma, dopo pochi esami universitari e una dimenticabile apparizione al festival di Sanremo, e’ proprio il padre ad aprirgli le porte del cinema. Appare (pur senza risultare nel cast) in “Una breve vacanza” e debutta ufficialmente in “Paulina 1880” del francese Jean-Louis Bertuccelli nel 1972. In contemporanea l’amico di famiglia Roberto Rossellini gli offre una particina nel suo “Blaise
Pascal” per la tv e qui il giovane figlio d’arte si fara’ strada anche nel varieta’ con due riuscite apparizioni tra il ’74 e il ’75. Intanto guardano a lui altri registi come Aldo Lado, Pasquale-Festa Campanile, Duccio Tessari ma sara’ il ruolo di Giovannino, nel film omonimo di Paolo Nuzzi, a dargli nel 1976 la prima soddisfazione professionale con un Premio David Speciale. Due anni prima e’ scomparso il padre Vittorio,
lasciandogli in eredita’ molti debiti di gioco, un complesso me’nage familiare (Emy De Sica, figlia di Giuditta Rissone, ha da poco rivelato a Christian e Manuel la loro parentela), un ingombrante e amatissimo modello artistico. Testardo, capace di imitare Vittorio nei gesti attoriali, deciso a farsi largo senza
aiuti, il giovane De Sica prosegue la sua duplice carriera tra cinema (“Bordella” di Pupi Avati e’ la sua migliore performance, Salvatore Samperi il primo che crede davvero in lui) e varieta’ (dove trova un vero maestro in Antonello Falqui tra “Bambole non c’e’ una lira” e “Studio ’80”).
Nel 1980 sposa Silvia Verdone dopo un breve flirt con Isabella Rossellini e l’anno successivo partecipa al terzo successo del cognato Carlo con “Borotalco”. E’ il momento di una vera svolta professionale che diventa successo personale nel 1983 quando Carlo Vanzina diventa re del box office con “Sapore di mare” e
“Vacanze di Natale”: in entrambi Christian De Sica emerge in un coro di futuri beniamini del pubblico da Jerry Cala’ a Claudio Amendola. Ancora non lo sa, ma con quel remake travestito di “Vacanze d’inverno” (1959, Camillo Mastrocinque), De Sica inaugura la stagione dei “cinepanettoni” inventati dal produttore Aurelio De Laurentiis e trasformati in uno dei piu’ longevi successi della commedia: al ritmo di uno all’anno, spesso in coppia con Massimo Boldi, il filone resiste da quasi 40 anni e fino al 2010 con la serie “Natale a…..” mantiene saldamente la testa del box office nazionale delle feste. Si farebbe un torto all’attore (ormai consacrato a divo nazionale) confermando il disprezzo critico che ha spesso accompagnato
questa serie di farse sul modello dell’antica commedia plautina e della slapstick americana: fin dal modello originale dell’83 c’e’ un filo diretto con la commedia degli anni ’50 di Steno, Zampa, Mastrocinque e negli anni ’90, bravi artigiani come il prediletto Neri Parenti (che firma per queste feste “Vacanze su
Marte”, di nuovo con la coppia Boldi/De Sica), hanno saputo ricreare senza troppe pretese un “teatro dei pupi” in cui si rispecchiano vizi e mode dell’italiano medio.
Ma Christian De Sica ha pazientemente costruito una personalita’ artistica anche molto piu’ sfaccettata: da regista (con 9 titoli tra cui spicca il doppio omaggio al padre ne “Il conte Max” del 1991 e “Sono solo fantasmi” del 2019), da attore consumato (“Compagni di scuola” di Carlo Verdone, “Il figlio piu’ piccolo”
di Pupi Avati, “Frauelein” di Caterina Carone, fino all’ancora inedito “Comedians” di Gabriele Salvatores), cantante confidenziale (“Merry Christian” nel 2017), mattatore in teatro (“Parlami di me” per la regia di Marco Mattolini), showman televisivo (“Tale e quale show”).
Ha dichiarato: “Credo che mio padre avrebbe apprezzato alcuni dei miei cinepanettoni: parlano di noi con un linguaggio semplice, comprensibile, e fanno ormai parte della storia di questo paese”. Proprio per
questa serie ha vinto due David di Donatello che fanno bella mostra nella sua bacheca insieme a quello come miglior regista esordiente per “Faccione” nel 1991.