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Musica – Dave Grohl: “Amo l’Italia da quando avevo 18 anni”

“Abbiamo scritto questo album un anno e mezzo fa. Avevamo pronto un mega tour di due anni per celebrare i 20 anni di carriera e il decimo album dei Foo Fighters, quindi, per festeggiare questi traguardi abbiamo deciso di realizzare un ‘party album’, un disco fatto di canzoni che possano essere cantate in uno stadio. Poi non e’ andata cosi’, si e’ bloccato il mondo e insieme al mondo il tour dei Foo Fighters. Pero’ sento che ci stiamo avvicinando al momento in cui torneremo a suonare dal vivo e io saro’ li tra i primi perche’ suonare dal vivo e’ l’amore della mia vita”. Così ha detto Dave Grohl,  uno dei personaggi piu’ empatici e comunicativi della scena rock mondiale, parlando di “Medicine at Midnight”, il nuovo album
dei Foo Fighters. Le dichiaraziono sono state rilasciate durante un incontro virtuale con la stampa italiana in cui Dave ha parlato davvero tanto come se fosse a un Ted sulla musica rock.
“Sì lo so parlo troppo, credo di aver speso 25 minuti solo per la prima risposta” commenta con il suo sorriso. “Non mi sono mai impegnato in politica, credo sia una reazione al fatto che mio padre era Repubblicano. E’ stato prima un giornalista e poi speech writer per i politici. Le mie canzoni non nascono come brani politici ma sono consapevole che ciascuno e’ libero di interpretare i brani come crede – spiega – Suonare  ‘Times Like These’ per celebrare l’insediamento di Biden e’ chiaro che avesse un significato. Penso anche che nessuno in America sia rimasto sorpreso dall’assalto a Capitol Hill e al Congresso. E’ stato solo l’atto finale di una lunga deriva catastrofica, come se fosse stata tolta la benda da una ferita. Ora siamo in una situazione tragica ma non penso sia senza speranza”.
Come tutti, anche Grohl e i Foo Fighters hanno dovuto fare i conti con la realta’ mutata del Covid 19. “Per me la musica e’ condivisione, interazione con il pubblico, vedere la gente che canta le tue canzoni. Per questo quando abbiamo fatto il primo concerto via Internet ero convinto che sarebbe stato una porcheria. Poi pero’ ho pensato anche che il mestiere del musicista e’ trasmettere emozioni, stabilire connessioni, fare
sentire la gente meno sola, dare sollievo. E’ nella natura umana stabilire relazioni e dunque si, anche un concerto via Internet puo’ dare tutto questo”.

Grohl precisa che con “le sue canzoni preferisce suscitare interrogativi piuttosto che risposte definitive” e poi affronta la questione della morte del rock. “Sono 25 anni che mi chiedono se il rock e’ morto. Guardo le mie figlie che ascoltano i classici tipo Stevie Wonder come roba nuovissima e non mi sembra che passino molto tempo a domandarsi se il rock sia vivo o morto. Billie Eilish non so se possa essere considerata rock ma ha avuto successo perche’ con la sua musica e’ entrata in connessione con un grande movimento, persino Miley Cyrus ha imbracciato la chitarra elettrica in stile Jimi Hendrix”.
Poi è il momento di un ricordo dei Nirvana e una lunga dichiarazione d’amore all’Italia.
Dei Nirvana parla rispondendo alla domanda perche’ nell’Unplugged, uno dei dischi piu’ belli degli anni ’90, non fosse stata inserita “Smells like Teen Spirit”. “La scaletta l’ha decisa Kurt (Cobain), comprese le cover. Visto il tipo di situazione abbiamo deciso di non inserire brani che fossero troppo elettrici. Con i Nirvana non c’erano vie di mezzo: o facevamo schifo o raggiungevamo vette trascendenti. Il concerto
di Unplugged non volevamo neanche farlo: l’abbiamo fatto solo perche’ sapevamo che se non fosse venuto bene potevamo impedirne la pubblicazione. E’ stata una di quelle esperienze che capitano di rado nella vita”.
L’Italia: “ho un rapporto lunghissimo con il vostro Paese. Ci sono venuto la prima volta quando avevo 18 anni e suonavo negli Scream, una band punk. Ho suonato a Roma al Forte Prenestino e a Milano al Leoncavallo, ma anche in altre citta’. E in Italia ci sono amici ai quali sono legato da quei giorni. Allora da voi come a Washington nella scena punk c’era un grande senso di comunita’, ci si aiutava l’un l’altro, non si pensava molto alla carriera, casomai a impressionare gli amici. Vorrei ricordare che ancora fino al 1986/1987 la cultura alternativa non era accettata come oggi. In quei giorni in Italia suonavamo davanti al massimo a cento persone ma ci sentivamo accettati, ci sentivamo parte di una comunita’. Il concerto delle mille batterie a Cesena e’ stato la celebrazione di una lunga amicizia con un Paese che amo”. Un Paese dove il 12 giugno i Foo Fighters sono attesi da un concerto a Milano.

Angela Tangorra

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