Dopo 25 anni di carcere esce per fine pena, era diventato collaboratore di giustizia
È uscito dal carcere dopo 25 anni, per fine pena, il boss mafioso Giovanni Brusca, fedelissimo di Totò Riina, il capo dei capi di Cosa nostra. Ha lasciato ieri il penitenziario di Rebibbia, a Roma, con 45 giorni di anticipo rispetto alla scadenza della condanna, per un abbuono. Brusca, negli anni, aveva anche usufruito di alcuni permessi per buona condotta.
Brusca ebbe un ruolo determinante nella strage di Capaci, nella quale persero la vita il giudice Giuseppe Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta. Autore e mandante di oltre 150 omicidi di mafia, ebbe una parte attiva anche nel sequestro e successiva uccisione di Giuseppe Di Matteo, 11 anni, figlio di Santino, collaboratore di giustizia. Dopo oltre due anni di prigionia, dal novembre 1993 al gennaio 1996, il ragazzo fu strangolato e sciolto nell’acido.
Una volta arrestato, nel 1996, nel suo covo in provincia di Agrigento, Brusca decise di collaborare a sua volta con la giustizia, raccontando alcune dinamiche interne a Cosa nostra. Dalle sue rivelazioni presero subito l’avvio numerosi procedimenti che hanno incrociato anche i percorsi dell’inchiesta sulla “trattativa” tra Stato e mafia.
Brusca adesso sarà sottoposto a controlli e protezione e a quattro anni di libertà vigilata, come deciso dalla Corte d’Appello di Milano.
“Umanamente è una notizia che mi addolora, ma questa è la legge, una legge che peraltro ha voluto mio fratello e quindi va rispettata” ha dichiarato Maria Falcone, sorella del giudice. “Mi auguro solo che magistratura e forze dell’ordine vigilino con estrema attenzione in modo da scongiurare il pericolo che torni a delinquere”.
Gianvito Magistà