Sale in classifica la Puglia, nonostante la vita per le donne con figli sia più difficile nelle regioni del Sud
Save the Children ha reso nota la classifica delle regioni italiane in cui la vita per le mamme è più facile. Le zone più “mother friendly” in Italia si trovano a Nord, dove i valori dei parametri considerati sono più alti della media nazionale.
I dati emergono dal rapporto che si intitola “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2022” di Save the Children, che include l’Indice delle Madri che identifica le Regioni che si impegnano, di più o di meno, a sostenere la maternità in Italia. L’indice elaborato dall’Istat per Save the Children, valuta attraverso 11 indicatori la condizione delle madri in tre diverse aree: quella della cura, del lavoro e dei servizi14.
Le province autonome di Bolzano e Trento mantengono da varie edizioni, rispettivamente, la prima e la seconda posizione. Dietro le prime due, seguono l’Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, la Lombardia, la Toscana e la Valle d’Aosta. Al contrario, le regioni del Mezzogiorno (assieme al Lazio) si posizionano tutte al di sotto del valore di riferimento (pari a 100), evidenziando come sia più difficile per le mamme vivere in alcune di queste. Basilicata (19 posto), Calabria (20 posto), Campania (21 posto) e Sicilia (17 posto) si avvicendano da anni nelle ultime posizioni. La sorpresa quest’anno arriva dalla Puglia che, nonostante il 18esimo posto, ha registrato un aumento di 4 punti negli ultimi quattro anni.
Dalla ricerca di save The Children emerge un quadro critico. Sono circa sei milioni le mamme “equilibriste” tra vita familiare e lavorativa.
Anche la ripresa economica dello scorso anno è stata caratterizzata “da ingiustizie di genere”: delle 267.775 trasformazioni contrattuali a tempo indeterminato del primo
semestre 2021, solo il 38% riguarda donne. Se si guarda il numero totale di attivazioni contrattuali (sul totale di tutte le attivazioni) nel 1 semestre per le donne (poco più di 1,3 milioni), la maggior parte (38,1%) è a tempo determinato; seguono il lavoro stagionale (17,7%), la somministrazione (15,3%) e, solo per ultimo, l’indeterminato (14,5%). Degli oltre 2 milioni di contratti attivati per gli uomini, quasi la metà (il 44,4%) è a tempo determinato, subito seguito dall’indeterminato (il 18%).
Il 42,6% delle donne con figli nella fascia d’età 25-54 risulta non occupata, con uno divario rispetto agli uomini di più di 30 punti percentuali. Il dato cambia notevolmente a seconda delle aree del Paese, arrivando a sfiorare il picco del 62,6% nel Mezzogiorno, dal 35,8% al Centro e da un 29,8% al Nord. Mentre il tasso di occupazione dei padri tende a crescere all’aumentare del numero di figli minorenni presenti nel nucleo, quello delle madri tende a diminuire.
Anche i dati sulle convalide delle dimissioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri di bambini/e di 0-3 parlano chiaro: su 42.377 casi nel 2020, il 77,4% riguarda donne. Le lavoratrici madri rappresentano il 77,2% (30.911) del complesso delle dimissioni volontarie, a fronte delle 9.110 dei padri. Sul totale delle motivazioni indicate nelle convalide, quella più frequentemente segnalata continua ad essere la difficoltà di conciliazione della vita professionale con le esigenze di cura dei figli.
Angela Tangorra