Sarebbero stati i tre Dna ritrovati dai carabinieri del Ris nel 2010 sulla scena del crimine e non identificati a far depositare, stamani, in Procura, a Roma, una istanza per chiedere la riapertura delle indagini relative all’omicidio dello scrittore e regista Pier Paolo Pasolini, tra i maggiori intellettuali del Novecento, avvenuto a Ostia il 2 novembre 1975. L’atto è stato redatto dall’avvocato Stefano Maccioni, a nome del regista David Grieco e dello sceneggiatore Giovanni Giovannetti.
“Quella notte – spiega il legale nell’istanza – all’Idroscalo di Ostia, Pino Pelosi non era solo, ci sono almeno tre tracce, tre ‘fotografie’ di persone e ciò giustifica il perché, dopo quasi 50 anni, è ancora possibile arrivare ad una verità giudiziaria. Una verita’ che si baserebbe su dati scientifici, sulla presenza di tre Dna: da qui si deve partire per svolgere le indagini per accertare a chi appartengono”. I ricorrenti aggiungono che “nella prima indagine questo si è fatto in modo parziale, vennero esaminati circa 30 Dna ma oggi è tempo di fare verifiche più diffuse tenendo presenti anche le dichiarazioni di Maurizio Abbatino, esponente della Banda della Magliana, che alla Commissione Antimafia da’ una giustificazione sul perché Pasolini si recò all’Idroscalo: non era lì per consumare un rapporto sessuale occasionale con Pino Pelosi, con il quale lo scrittore aveva una relazione, ma per riottenere le pizze (cioè le pellicole del film, ndr) di “Salò, le 120 giornate di Sodoma” che gli erano state sottratte e a cui teneva tantissimo”. Per Maccioni, Grieco e
Giovannetti Pasolini venne “attratto in una trappola e venne aggredito a morte. Nell’istanza di centinaia di pagine forniamo molti elementi, tante tessere che i magistrati devono mettere insieme”.
Stefania Losito