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Decreto Sud e Zes unica, i dubbi delle Regioni

Ne ha sempre avuti e continua ad averne, dubbi, il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano. Il decreto Sud “non favorisce la spesa, sembra che la mentalità che presiede il decreto non sia favorire gli investimenti quanto piuttosto una gara di ostacoli che non considera le condizioni obiettive nelle quali gli enti si trovano”, ha chiarito Emiliano, in audizione alla commissione Bilancio della Camera, nell’ambito dell’esame del decreto legge 124/2023 su
disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno. Secondo Emiliano, anche la riforma delle Zes “presenta numerosi criticità”. “E’ indubbio – ha aggiunto – che possa portare dei vantaggi, tuttavia introduce una variante centralizzata che non ha punti di contatto e coordinamento con le politiche locali”. Per Emiliano “il dl non garantisce il coinvolgimento delle Regioni. C’è una concentrazione di poteri
mostruoso tra Zes, Pnrr Fsc, zone interne attraverso i cosiddetti accordi di programma quadro che sono una sovrapposizione dei patti regionali del governo Renzi che hanno avuto un risultato disastroso, soprattutto per una ragione: questi accordi hanno viste le amministrazioni centrali con una performance di efficacia nella spesa pari alla metà di quelle delle Regioni”. Il presidente della Regione Puglia teme “ingorghi istituzionali”. “Giudichiamo il decreto dal punto di vista delle intenzioni condivisibile, perché è assolutamente logico coordinare tutte le linee di finanziamento europee, nazionali, Zes e zone interne. Ma questo lavoro è sempre stato effettuato dalle Regioni in collaborazione con il governo, senza passare dall’ingorgo istituzionale e di potere da parte della presidenza del consiglio che non dimostra di avere strutture sufficienti alla gestione e riordino – ha spiegato – è già un anno che abbiamo bloccato le linee di investimento facendo crollare Pil e produzione industriale, in Puglia 5mila aziende attendono il finanziamento che non arriva”.

Di segno opposto le valutazioni del vicino di casa, il governatore lucano Vito Bardi. “Lavoremo di concerto con il
governo: abbiamo bisogno di una leale collaborazione istituzionale e il decreto legge in esame va nella giustizia
direzione”, ha detto intervenendo in videocollegamento alla commissione Bilancio della Camera. Nel corso del suo intervento, il governatore ha evidenziato che “come ricordato di recente al ministro Fitto, abbiamo bisogno di fondi comunitari e nazionali che vanno investiti per accelerare l’attuazione delle linee progettuali già definite per contrastare il declino delle regioni meridionali, e della Basilicata”. Ricordando che “dall’entrata in funzione delle Regioni ad oggi, il divario tra il Nord e il Sud è aumentato, i fondi nazionali ed europei l’hanno solo attenuato”, Bardi ha poi sottolineato che “da un lato occorre una presenza dello Stato capace di garantire il miglioramento dei fattori di contesto, soprattutto in un’epoca segnata dalla rivoluzione digitale, sall’altro serve favorire un protagonismo virtuoso delle
Regioni. C’è la necessità quindi – secondo il presidente della Regione Basilicata – di un regia sovra-regionale, quindi
nazionale, di un coordinamento a livello centrale, ma uguale rilevanza deve avere la programmazione regionale per favorire le specificità e la piena valorizzazione delle risorse endogene”. In riferimento alla Zes (Zona economica speciale), Bardi ha infine detto che “è un risultato storico del governo Meloni e rappresenta una grande opportunità per tutto il Sud”, ma che “in particolare in un’area interna come la Basilicata servono infrastrutture migliori”.

A temere questioni legali sulle Zone economiche speciali e su quella unica che vorrebbe il Governo al sud, il presidente della Regione Campania Vincenzo De Luca, avverte: “Rischiamo di aprire anche sulle Zes un contenzioso amministrativo e presso la Corte costituzionale perché stiamo parlando di materia che è concorrente ma anche su questo le Regioni vengono escluse”. De Luca, nel ricordare che “la Regione Campania è la prima che ha proposto e realizzato un’area Zes che ha funzionato benissimo attivando un finanziamento per oltre 1 miliardo e mezzo”, ha evidenziato che secondo quanto stabilisce il decreto, “dovremmo avere una struttura di missione che dovrebbe fare l’istruttoria per tutte le richieste di insediamento industriale di tutta l’area meridionale e anche le deroghe per i permessi relativi alla materia urbanistica: ora un conto è una deroga di un parere urbanistico fatto su un’area limitata, su un progetto limitato e da un soggetto che ha anche una delega regionale, quale il commissario Zes, altro conto – ha proseguito – è che una struttura centrale, scavalcando l’articolo 117 della Costituzione sulla materia concorrente, immagini di dare un parere di carattere generale sul piano dell’urbanistica. Questo significa cancellare la competenza urbanistica della Regioni ed è evidente che si apre altro contenzioso”. Un meccanismo per il quale – secondo il governatore campano – “le aziende se ne scapperanno, altro che accelerare i tempi. In queste condizioni con pericoli di contenziosi, un imprenditore farà fatica a insediarsi nell’area meridionale”.

Anche il Molise dice di vantare il primato della Zes ma di essere d’accordo con la Zes unica, al contrario di De Luca. “Prima che ci fosse l’idea della Zona economica speciale (Zes) unica, noi siamo stati la prima Zes d’Italia a chiudere un accordo che ha visto un investimento di oltre 80 milioni di euro – spiega il presidente della Regione Francesco Roberti – non vi sono difficoltà nella definizione della Zes unica. Questo, almeno per il Molise, può dare vantaggi, in quanto si darà a queste aree la possibilità di essere oggetto di interesse da parte di chi vorrà venire a investire”.

Come per la Regione Puglia, anche per la Sardegna non va bene la Zes unica del Mezzogiorno. Lo ha detto ai parlamentari della commissione Bilancio di Montecitorio, stamattina, l’assessore della Programmazione e vice presidente della Giunta, Giuseppe Fasolino, sentito in rappresentanza del governatore Christian Solinas. “Analizzando il decreto abbiamo notato alcuni aspetti che potrebbero danneggiare le regioni”, ha chiarito. Due gli aspetti che preoccupano i sardi: la modifica del controllo della spesa per l’Fsc 2021-2027 e la Pes unica per il Mezzogiorno. Sulle modifiche tecniche del controllo della spesa delle risorse del Fondo di sviluppo e coesione, “condividiamo l’obiettivo di dare certezza all’attuazione di queste risorse – ha sottolineato l’assessore -, ma la modifica del meccanismo di controllo che agisce sul cronoprogramma, può portare a definanziare alcuni progetti in una fase delicata”.
Fasolino ha chiarito che “la Regione è comunque vincolata al pagamento ai beneficiari di quelle risorse, causando da un lato si perdono risorse sull’Fsc e dall’altro si costringe la regione a impegnare risorse del bilancio per compensare questa perdita”.
Anche sulle Zes l’assessore sardo “condivide l’obiettivo di avere una strategia nazionale più generale, rispetto a quella di una Regione, ma questo compromette la nostra condizione di insularità, con interventi calati dall’alto che non sembrano rispettare il nuovo principio inserito in Costituzione”. “Sulle Zes – ha riportato Fasolino ai commissari – utilizzando risorse del bilancio regionale, abbiamo fatto vari interventi che ci hanno portato a monitorare le esigenze degli imprenditori, a mappare il territorio regionale e portare avanti un pianto strategico generale che insieme a quelle delle Zes mette in campo anche altre risorse, in una visione generale della strategia di sviluppo”.

“Per quanto riguarda le politiche di coesione, un elemento che ci pare disatteso, come anticipato dalla Sardegna, è il principio di insularità sancito in Costituzione. Ci aspettiamo, per compensare, che tra gli emendamenti che potranno affluire si possa inserire una misura che determini aliquote di cofinanziamento più favorevoli rispetto alle attuali per Sicilia e Sardegna. Ne abbiamo già discusso con il presidente della Commissione Insularità Tommaso Calderone”. Così l’assessore all’Economia della Regione siciliana, Marco Falcone, ai parlamentari della commissione. “Altro tema è quello delle aree interne – ha spiegato Falcone – Se da un lato la cabina di regia voluta dal governo nazionale è un bene, dall’altro lato la tendenza all’accentramento potrebbe rendere più difficile per l’azione amministrativa tenere conto di certe peculiarità locali e fattori penalizzati per un’area anziché l’altra. Auspichiamo la presentazione di un emendamento che sancisca la partecipazione delle Regioni alla cabina”. Ultimo nodo, le Zes. “Se da un lato, attraverso la creazione di una Zes unica, estendiamo l’area di agevolazione e dunque i benefici per investimenti e imprese a tutto il Meridione – ha sostenuto l’assessore della Sicilia – dall’altro rischiamo che l’accentramento gestionale a Roma penalizzi il dialogo con il territorio. Occorre armonizzare l’esigenza di unificare gli indirizzi politico-economici alla necessità di tenere conto delle peculiarità locali. Potremmo invece utilizzare i commissari e gli uffici già esistenti quali soggetti delegati dal commissario unico, soprattutto per la parte di raccordo con il territorio specie nelle conferenze sugli iter autorizzativi locali. Auspichiamo dunque l’istituzione di sub-commissari che facilitino il dialogo fra governance nazionale e i processi locali”. 

 “Sono preoccupato della governance del sistema” Zes unica, fa eco il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto, anche lui in audizione in commissione Bilancio alla Camera. La governance, spiega, “deve essere tale da consentire il rilascio delle autorizzazioni cosi come avvenuto nelle realtà in cui la Zes, sul piano della semplificazione, ha funzionato meglio. Mi pare che su questo nel decreto non ci siano garanzie, anche se si prevede una fase transitoria con i commissari che continuano a svolgere loro attività”. Per i fondi di coesione, aggiunge Occhiuto, “ho qualche dubbio sulla possibilità di poter adottare lo stesso schema di lavoro a tutte le Regioni. Prevedere, come mi sembra che il ministero voglia fare, che gli accordi debbano essere tutti quanti stipulati con l’indicazione della progettazione esecutiva dei vari interventi è complicato in alcune Regioni. Per quelle che hanno 200 milioni di Fsc si fa presto a portare progetti che siano a uno stadio di progettazione avanzato. In altre, con due miliardi o di più, lo schema deve essere diverso anche perché il decreto prevede forme di monitoraggio”. Sul fronte migranti, poi, “anche in Calabria realtà che sono interessate quotidianamente da flussi migratori, affrontati solo grazie alla responsabilità dei sindaci. Un segnale di attenzione verso questi Comuni, forse, sarebbe meritevole”. 

All’audizione alla Camera è intervenuto anche il presidente Anci, Antonio Decaro, anche sindaco della città metropolitana di Bari. “In relazione alle Zes, per quanto riguarda i Comuni, riteniamo che sul fronte delle autorizzazioni
non sia percorribile la possibilità di poter gestire tutte le attività che potremmo definire ‘minori’ attraverso uno sportello unico nazionale”. Come Anci “vorremmo togliere questa parte dal campo di applicazione della norma, proviamo a pensare ad esempio a una richiesta per l’ampliamento di un capannone, sono milioni le procedure di questo tipo che vengono gestite nel nostro Paese dai Comuni. Quindi pensare di centralizzare il tutto pensiamo che possa allungare in maniera notevole i tempi di autorizzazione, quindi chiediamo di estrapolare da questa norma le attività minori”. “Teniamo conto – ha spiegato Decaro – che i Comuni sono già obbligati a tenere insieme lo Sportello unico per le attività edilizie e lo Sportello per le attività produttive, se poi tutto questo deve essere convogliato nello Sportello unico nazionale allora si rischia davvero di bloccare le attività”. 

Stefania Losito

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