Da oggi scatta l’ora X per la regola destinata a cambiare i rapporti uomo-donna dentro e fuori la famiglia e il diritto all’identità dei figli: il doppio cognome per i nuovi nati o anche solo quello della mamma o del papà. E’ il frutto della pronuncia storica con la quale la Corte costituzionale il 27 aprile scorso ha dichiarato illegittima l’automatica assegnazione del cognome paterno. L’efficacia scatta con la pubblicazione, oggi, della sentenza sulla Gazzetta ufficiale e investe tutti i bimbi che ancora non sono stati dichiarati all’anagrafe. I neonati prenderanno il doppio cognome, nell’ordine stabilito dai genitori, o anche solo quello di uno di loro di comune accordo.
Se non ci sara’ l’intesa sull’ordine dei due cognomi la questione sarà risolta dal giudice, il cui intervento è già previsto
dall’ordinamento giuridico in tutti i casi di disaccordo su scelte riguardanti i figli. Almeno fino a quando sarà il Parlamento a intervenire con una legge, dettando eventualmente, altri criteri, come sottolineano le motivazioni della sentenza depositate ieri.
“Ora tocca al Parlamento, andiamo avanti”, commenta la ministra per le Pari Opportunità e la Famiglia Elena Bonetti. La
sentenza chiarisce le ragioni per le quali l’attribuzione automatica del cognome paterno, che era prevista dall’articolo
262 del Codice civile e da svariate altre norme, è in contrasto con i principi costituzionali e con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Quell’automatismo “si traduce nell’invisibilità della madre” ed è il segno di una diseguaglianza fra i genitori, che “si riverbera e si imprime sull’identità del figlio”. Il cognome “collega l’individuo alla formazione sociale che lo accoglie ” e “si radica nella sua identità familiare”, perciò deve “rispecchiare e rispettare l’eguaglianza e la pari dignita’ dei genitori”. Lo stesso, eventuale, accordo fra i genitori per attribuire un solo cognome presuppone una regola che ripristini la parità, poiché senza eguaglianza, spiegano i giudici, mancano le condizioni per un autentico accordo.
Il legislatore ora dovrà “impedire che l’attribuzione del cognome di entrambi i genitori comporti, nel succedersi delle
generazioni, un meccanismo moltiplicatore che sarebbe lesivo della funzione identitaria del cognome””, ma anche per tutelare “l’interesse del figlio a non vedersi attribuito un cognome diverso rispetto a quello di fratelli e sorelle”. I giudici
indicano anche le possibili soluzioni alle due questioni aperte. L’ultimo nodo si potrebbe sciogliere rendendo la scelta del cognome attribuito al primo figlio vincolante anche per i suoi fratelli e sorelle.
La decisione della Consulta è arrivata sul ricorso di una famiglia lucana contro la decisione degli uffici comunali di Potenza di iscrivere nel registro un figlio della coppia, il terzo, con lo stesso cognome dei primi due fratelli. I primi due, infatti, sono stati registrati col cognome della madre perché la coppia non era sposata. Dopo il matrimonio, il padre, che ha riconosciuto i due figli, ha deciso di lasciare a entrambi soltanto il cognome di lei. Per non creare differenze tra fratelli avrebbero voluto fare lo stesso anche col terzo figlio, nato due anni dopo. Ma gli uffici comunali si sono opposti, concedendo soltanto l’iscrizione col doppio cognome.
A sottoporre la vicenda alla Consulta, a novembre dell’anno scorso, è stata la Corte d’appello di Potenza dichiarando «rilevante e non manifestamente infondata» la questione di legittimità costituzionale delle norme in materia, sollevata dall’avvocato Domenico Pittella che ha assistito i due coniugi.
Stefania Losito