Il fisco torna a mettere sotto la lente di ingrandimento le capacità di spesa dei contribuenti per risalire ai loro redditi. Scatta di nuovo il possibile utilizzo del redditometro, uno strumento che il fisco stesso utilizza per risalire al reddito presunto dei contribuenti. Era stato sospeso nel 2018 e il decreto che lo riattiva a partire dai redditi del 2016 è stato pubblicato ieri in Gazzetta Ufficiale e firmato dal viceministro dell’Economia, Maurizio Leo. Il provvedimento indica “le informazioni utilizzabili per determinare gli elementi indicativi di capacità contributiva presenti negli archivi in possesso dell’amministrazione finanziaria”. I redditi dei contribuenti, si legge ancora, saranno esaminati secondo diverse tipologie. Il decreto indica, ad esempio, 11 tipologie per i nuclei familiari e cinque diverse aree del Paese. Vengono inoltre presi in considerazione le quote di risparmio che si sono accumulate negli anni e le spese effettivamente sostenute così come risultano dall’Anagrafe tributaria.
In una nota il viceministro Leo ha affermato che in questo modo “i contribuenti saranno più tutelati” e che “il centrodestra è sempre stato contrario al meccanismo del “redditometro” introdotto nel 2015 dal governo Renzi”. “Il decreto ministeriale pubblicato in questi giorni in Gazzetta”, si legge, “mette finalmente dei limiti al potere discrezionale dell’amministrazione finanziaria di attuare l’accertamento sintetico, ovvero la possibilità del fisco di contestare al contribuente incongruenze fra acquisti, tenore di vita e reddito dichiarato”.
La misura, però, ha suscitato forti dubbi all’interno della coalizione di centrodestra. “La Lega è sempre stata contraria al redditometro”, hanno riferito fonti del partito. Sulla stessa linea anche Forza Italia. Intanto, secondo fonti di Palazzo Chigi, il viceministro Leo ha concordato con la presidenza del Consiglio di relazionare al prossimo Consiglio dei ministri.
Vincenzo Murgolo