La cantautrice dichiara di aver congelato gli ovuli: “Perchè bisogna andare all’estero per fare un figlio da sole?”
Emma Marrone si è raccontata di una intervista al settimanale Vanity Fair. La cantautrice salentina, che tra qualche giorno si mostrerà anche oltre il palco al suo pubblico nel suo documentario su Prime video, ha raccontato delle dire battaglie che ha dovuto combattere nella vita.
Emma affronta temi come i mostri che ha dovuto combattere. Uno dei mostri è stata la malattia e l’altro il controllo: “Quando mi sfugge qualcosa, perdo lucidità. Ho imparato a gestire il controllo quando papà è mancato. Lui era come me: metteva ordine fuori per mettere ordine dentro. La sua morte mi ha insegnato a smettere di essere sempre precisa. Alla fine, nel disegno della vita, oggi mi permetto di colorare anche fuori dai bordi”.
Nel corso dell’intervista, Emma dichiara che ha scelto di fare un documentario “perché voglio decidere io come raccontarmi. Ho avuto carta bianca, abbiamo girato per due anni e mezzo: volevo far vedere alle persone cosa c’era dietro al palco. E che quando mi hanno vista sorridente, io invece stavo combattendo contro la malattia. Mi piacerebbe che il documentario facesse pensare i bulli digitali, quelli che giudicano le persone senza conoscere le battaglie che stanno affrontando”.
L’intervista a Vanity Fair è l’occasione per sottolineare che le donne hanno poca voce e poca considerazione: “nei confronti delle donne le violenze sono tantissime. E non parlo solo delle violenze domestiche. Viviamo in un Paese in cui una donna per avere un figlio da sola deve andare all’estero perché la fecondazione assistita non è prevista. In Italia un uomo studia e può raggiungere una posizione di potere, una donna fatica il doppio e viene messa in dubbio alla prima maternità. In Italia non puoi andare dal tuo ginecologo a chiedere un seme di donatore perché vuoi un figlio. Nemmeno quando hai quarant’anni e sai benissimo che l’amore della tua vita non lo troverai presto. Quante donne perdono la fertilità a 40 anni per la leucemia e non c’è un medico che spiega loro la conservazione degli ovuli? E cosa ti rispondono? Se Dio non lo vuole, allora non va bene. Ma perché io devo andarmene in Spagna a fare questa cosa e non posso farla nel mio Paese? Queste sono violenze”. Poi aggiunge: “Ho conservato il tessuto ovarico. Mi infervoro su questi argomenti perché conosco tante donne che si sono dovute trasferire all’estero per concepire un figlio da sole. Perché qui bisogna essere costrette a fare un figlio solo con un uomo? Questa è violenza. Non siamo libere di gestire il nostro corpo. Le donne sono sempre in battaglia. Ed è una battaglia culturale contro tutto quello che è ingiusto, retrogrado e non ci sta facendo andare avanti”.
Angela Tangorra