La replica del sindacato: “Fango sulla polizia”
Muore in cella a Foggia cinque giorni dopo l’arresto: i genitori di Osama Paolo Harfachi, foggiano di origini marocchine, chiedono chiarezza sulla morte del figlio 30enne. Arrestato il 13 ottobre per una rapina, è stato trovato morto il 18 ottobre scorso nel letto della sua cella della casa circondariale di Foggia e per questo hanno presentato una denuncia ai carabinieri. Da una prima ispezione sul cadavere il 30enne sarebbe morto per arresto cardiaco, ma i genitori sottolineano che il figlio “non aveva alcun problema di salute”. Inoltre i familiari affermano di “aver ricevuto, il giorno successivo all’arresto di Osama Paolo, alcuni messaggi da un altro detenuto”. Quest’ultimo ha inviato i messaggi una volta uscito dal carcere dicendo che, poco prima di essere liberato, avrebbe incontrato il 30enne. E avrebbe riferito ai genitori di Osama di averlo visto “tutto spezzato” (molto sofferente). I genitori, sulla base di quanto riferito dal detenuto negli sms, temono che il figlio “possa essere stato picchiato”.
“Pur comprendendo il dolore per la perdita di un figlio, deve finire questa caccia al poliziotto penitenziario. Stiano tranquilli i genitori del detenuto morto, poiché è stato fatto tutto quello che era necessario per chiarire il tragico accadimento, con la magistratura che non ha aspettato la loro denuncia per aprire un fascicolo sulla vicenda”. Arriva la replica del segretario del Sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) Federico Pilagatti. Il Sappe precisa che il 30enne, arrestato “qualche giorno prima per una rapina, dopo la trafila anti Covid è stato sistemato in una stanza insieme ad altri detenuti che non si sarebbero accorti di nulla”. “Infatti – prosegue Pilagatti – l’allarme è stato dato dal poliziotto addetto alla sezione che verso le ore 8 circa, effettuando il giro di controllo, lo avrebbe visto steso sul materasso come se dormisse. Subito dopo è ripassato e, non ricevendo alcuna risposta dallo stesso, avrebbe dato l’allarme con l’intervento immediato dei sanitari che ne avrebbero constatato la morte”. “Inoltre – aggiunge – per eliminare qualsiasi sospetto il magistrato di turno avrebbe disposto l’autopsia del cadavere da parte di un medico legale nonché provveduto ad interrogare i compagni di stanza e i poliziotti in servizio”.
“Gettare fango sulla polizia penitenziaria – conclude Pilagatti – è uno sport nazionale: la più famosa è stata la signora Cucchi, sorella di un detenuto morto in ospedale, che per mesi ed anni grazie alla connivenza di giornalisti ‘democratici’ ha gettato fango sull’istituzione penitenziaria”.
Stefania Losito (aggiornamento Michela Lopez)