“Il documento firmato dal ministro Speranza sull’istituzione della zona rossa in Val Seriana non è mai stato nelle mie mani”. Si è difeso in questo modo l’ex presidente del Consiglio, oggi leader del Movimento 5 Stelle, Giuseppe Conte, davanti ai magistrati che indagano sulla gestione della prima ondata della pandemia. L’ex premier è indagato insieme proprio all’ex ministro della Salute. Conte ha poi aggiunto che il provvedimento non entrò in vigore anche perché il governatore della Lombardia, Attilio Fontana, “non lo chiese”. Il leader pentastellato ha poi ricordato che il 6 marzo il governo aveva deciso il lockdown nazionale.
Nella consulenza agli atti dell’inchiesta il microbiologo Andrea Crisanti ha spiegato come “la situazione di vulnerabilità in cui si trovava l’Italia” di fronte al Covid fosse nota già diversi prima del paziente 1, e quindi dal 12 febbraio 2020. Secondo la relazione, inoltre, il 27 e 28 febbraio 2020 si avevano tutte le informazioni sul contagio, dalle quali emergeva uno scenario “di gran lunga peggiore di quello ritenuto catastrofico”. Sulla base delle previsioni dello scenario con un indice Rt pari a 2 si sarebbe condivisa la decisione di secretare il piano Covid “per non allarmare l’opinione pubblica”. Secondo la relazione di Crisanti, all’interno dell’ospedale di Alzano Lombardo il virus circolava già dal 4 febbraio 2020.
Vincenzo Murgolo